Kevin Smith ha fatto moltissimo per gli appassionati di comics. Il suo film Clerks ci ha dato dignità in ambienti che mai avremmo potuto frequentare (non che ci tenessimo).
Ha dato una bella spallata a quel muro di pregiudizi che c'erano prima che i Geeks diventassero una forma culturale popolare accettata e poi addirittura considerata tra le più creative.
I suoi film sono più o meno riusciti, le sue sceneggiature di Devil o Green Arrow un pelo sotto la media. Al grande Silent Bob va riconosciuto di aver raccontato se stesso con grande onestà, tanto humour e un pizzico di poesia. Quelli che sono un po' come lui, devono essergli grati.
Il debutto del suo reality "Comic Book men" sul network Amc (quello che negli Usa trasmette The Walking dead) è stato accolto nella comunità degli appassionati americani con molte perplessità e non sono mancate le stroncature. Alla fine però sono arrivate anche delle buone recensioni, anche dai posti più impensati.
Il format è semplice e coraggioso: Racconta la vita al Jay & Silent Bob Secret Stash, negozio di comics e gadget realmente esistente nel New Jersey. Cosa succede? Chiunque ha passato un pomeriggio in una fumetteria lo sa.
Gli ascolti delle sei puntate sono stati buoni, e lo show è godibile. Anche se per apprezzarlo bisogna sapere bene l'inglese, conoscere una buona quantità di slang e avere un bagaglio di fumetti/cinema/tv/letteratura di genere da vero Nerd
Le accuse fatte al programma si possono raccogliere in due grandi categorie e arrivano soprattutto dagli stessi appassionati: una parte teme che vedere quattro 30/40enni (tutti maschi) che passano il giorno a parlare di fumetti/film e il tempo libero a leggere fumetti e film può solo aumentare la quantità di stereotipi che già colpiscono la categoria. Si teme di vedersi ritrarre come delle macchiette, dei disadattati e senza quella patina edulcorata che rende gli stessi disadattati "carinissimi" in Bing Bang Theory.
L'altra parte invece si sente "svenduta": un reality sul circo dei fan mette in secondo piano le opere, gli autori, il linguaggio, e tutto si esaurisce in una discussione sugli aspetti più superficiali e modaiole o al massimo sull'amarcord degli appassionati.
C'è del vero, ma i critici pretendono da Kevin Smith di raccontare un mondo in maniera più esaustiva e completa di quanto il programma voglia o possa fare. Con la solita schiettezza e autoironia Kevin racconta ciò che conosce bene. Almeno in parte tanti ci si riconosceranno, gli altri si divertiranno con le "stranezze" di questi pazzi fanatici. Procuratevelo