venerdì 29 gennaio 2016

Arlecchino contro i supereroi

Oggi mia figlia di tre anni è tornata a casa mostrandomi il disegno di Arlecchino fatto da lei
raccontandomi la sua storia (liberamente tradotta dal bambinese): "C'era un bambino senza vestito di carnevale, allora gli altri bambini gli hanno regalato un pezzo del loro. Un bambino vestito da Hulk gli ha dato il verde, uno da uomo ragno il rosso, uno da superman il blu. E così è nato Arlecchino"

Ora, dubito che le maestre l'abbiano raccontata così. Resta il mistero di come l'universo Marvel/dc abbia invaso la cara vecchia commedia dell'arte (Grant Morrison ne farebbe una gran serie)
I supereroi non sono i suoi cartoni animati preferiti (il fratello smanetta su youtube quei video assurdi fatti con Gta V, ma anche quello ha un apporto marginale). Può pesare il fatto che quelle figure che lei vede negli zaini dei compagni più grandi poi li ritrovi su alcune pareti di casa, o nei libri che legge il papà. ma alla fine penso che la risposta sia "Iconicità".

C'è un motivo se Hulk è il "verde", Superman il "Blu" e Batman è il "nero". Quelle figure hanno subito tanti processi di distillazione da diventare essenza grafica, un segno autoevidente, che perfino i bambini capiscono

Il significato però ce lo mettiamo noi, e qui scivoliamo sulla questione del ruolo dei fumetti e dell'intero universo pop-geek nell'educazione e nella crescita dei bambini. E della responsabilità di noi genitori.
Ci torneremo, perché penso che i padri-nerd abbiamo qualcosa d'importante da dire sulla questione

lunedì 18 gennaio 2016

Superato

Da qualche giorno sul sito del giornale per il quale lavoro è possibile vedere le prima puntata di One Punch Man. "Bene" direte voi, il principale sito d'informazione generalista in Italia dà spazio allo streaming di anime. "Meno bene" dico io che vedo riflessa nella pelata di Saitama la mia faccia di ex superappassionato mentre viene sorpassato dagli eventi. Ho già raccontato le peripezie di giovane manga-fan per procurarsi materiale originale. Il Giappone era allora una terra di abbondanza separata però da barriere altissime (lingua, distanza, formati tecnologici, costi). Le uniche cose che potevano spendere in abbondanza erano tempo e determinazione.

Man mano che la vita è avanzata tempo e volontà si sono ridotti, mentre tutto è diventato più alla portata: Internet ha fatto sparire distanza e formati, ha ridotto parecchio i costi. La produzione giapponese di anime e manga tradotta in italiano è ormai almeno tre-quattro volte quella degli inizi del secolo. Sul fronte dell'animazione poi i vari servizi streaming garantiscono una quantità di serie addirittura in contemporanea. La mia percentuale di "copertura" (e d'interesse) è passata dal 100% delle testate in fumetteria a non più del 15%

Anche sui comics siamo lontani dal fantastico mondo in cui periodicamente mi perdevo nel previews Diamond dove i fumetti si ordinavano con due mesi d'anticipo sull'uscita, potendoli giudicare a malapena dalla copertina, dagli autori coinvolti e da qualche riga di descrizione. Tante delusioni e altrettante scoperte. Potersi godere Sin City, Strangers in paradise, Bone e Cerebus senza curarmi delle singhiozzanti edizioni italiane, leggere i crossover Marvel, DC e Image mediamente un anno prima della versioni italiana aveva il sapore del privilegio pionieristico. Ora anche le edizioni originali le leggo ben dopo l'arrivo sugli scaffali nostrani

Nonostante questo, One punch man è una clamorosa sconfitta in casa. O almeno un pareggio, visto che la prima puntata l'avevo già visto su VVVID tempo fa, così come la prima serie dell'attacco dei giganti l'ho già conclusa ben prima dello sbarco su RAI 4 e ancora Rep.it
Mi consola pensare che per i miei successori divoratori di nuvole disegnate, la terra dell'abbondanza sia qui e il tempo e la volontà che li animano ora può essere usata per godersi una quantità infinita di materiale con più libertà di scelta, ma forse con in meno il sottile piacere della conquista.


domenica 3 gennaio 2016

Il risveglio della Forza- La recensione del nerd

La Forza risveglia anche questo sonnolento blog per una recensione da vero nerd. Tutti si sono concentrati sulla fedeltà alla vera trilogia, la qualità cinematografica o l’effetto nostalgia. La mia recensione si basa su tre elementi alla base di ogni estetica Geek. 
E il giudizio non può andare oltre il 7 con il rischio di peggiorare

Complessità, qualità e coerenza della storia. Noi Nerd ci innamoriamo dei personaggi, ma soprattutto degli universi, non è un caso se nel nostro pantheon ci sono gli autori che sanno dare profondità alle loro creazioni (Jrr Tolkien, Isaac Asimov, Stan Lee, Grant Morrison, Alan Moore, Neil Gaiman, Osamu Tezuka, Go Nagai, Hayao Miyazaki). In questo gruppetto metto ancora George Lucas perché la vituperata seconda trilogia sarà anche stata una delusione dal punto di vista della messa in scena e della recitazione, ma resta assolutamente coerente. Anzi, Lucas ha portato la sua visione fino alle estreme conseguenze, a costo di renderla meno universale (e meritarsi qualche minaccia di morte)

Rispetto. Il "vero fan" si appropria delle cose che ama,  il transfer è talmente forte da sentirsi custode della sua integrità. Moltiplicato per migliaia o milioni di persone significa quelle creazioni diventano intoccabili pilastri di un’ortodossia. Può non piacere, ma è parte importante del fenomeno.
Le infinite discussioni sulle continuity, le teorie, le reinterpretazioni, le fanfiction stanno li a dimostrarlo. Tutta roba che Internet ha reso globali ed eterne (e che costituisce la principale fonte di traffico insieme al porno)

Coolness. Le spade laser, le splash page di Jim Lee, le espressioni pucciose di Totoro, la trasformazione in supersayan, il movimento tridimensionale dell’attacco dei giganti. Basta azzeccare anche solo una trovata che colpisca per guadagnarsi un posto nella memoria, anche se il resto dell’opera è zoppicante (o forse proprio perché il resto è zoppicante). Puntare sulla coolness è giocare con i nostri bassi istinti, spingere sul sense of wonder dell’infanzia, ma anche sulla voglia  di trasgredire (vero Garth Ennis?). Quasi sempre funziona su livelli irrazionali, come certe canzoni stupide che non riusciamo ad odiare. Forse un giorno qualche semiologo spiegherà perché certe trovate riescono a farsi apprezzare da persone così diverse per età, formazione e geografia

E la creatura di JJ Abrams come si piazza?
Ovviamente il punteggio massimo è in “Rispetto dei fan”. Diciamo pure che si merita un 10 che ridefinisce la scala di valori in questo campo. Il “risveglio della Forza” è “Guerre Stellari – una nuova speranza”  rigirato e rimontato. Le scene estranee sono omaggi ad altri film della saga o altri temi cari agli addetti. Due ore di fanservice che neanche Dead or Alive volleyball. La scelta ha garantito grandi incassi e un atteggiamento favorevole del pubblico, ma è come giocarsi 40 anni d’interessi in una sola scommessa. Anche i più bonari non accetterebbero una seconda “ruffianata”. Ma non sarà un problema di JJ  

La coolness. Qui potremmo parlare di “maledizione di Lucas”. La prima trilogia ha avuto un livello d’idolatria tale che anche personaggi e situazioni del tutto marginali sono assurte a vere e proprie icone ben oltre i propri meriti: l’ammiraglio Akbar o Boba fett  (ma so di essere in minoranza su casco verde).
Gli infiniti mezzi produttivi e i passi da gigante degli effetti speciali ci fecero pensare che da Phantom Menace in poi ci saremmo dovuti lustrare gli occhi per tre fantastici film. Non è andata così: le navi di Naboo o le atmosfere cyber dei bassifondi di Coruscant, il robot-rettile Greviuos o il laconico Darth Maul. Tutto perfetto, ma nulla ha fatto davvero breccia nel nostro cuore.
Il risveglio della forza usa l’approccio opposto, non più opulenta e onnipresente computer grafica, ma tre quattro inquadrature d’effetto (Jakku), sfruttando il punto di vista dal “basso” dei personaggi, come Abramas aveva già fatto in Super8. Strade opposte che però portano ad un risultato simile: di certo non c’è nulla in questo film che sorprenda ed esalti (5).
Almeno il vituperato Lucas ci aveva provato

La storia
E qui che ci si guadagna ben più della sufficienza. Come nell’episodio del '77 la situazione politica interstellare è lasciata sullo sfondo, limitandosi a indicazioni basilari (Impero onnipotente e malvagio contro Resistenza eroica e scalcinata).
Nel 2015 ci si aspetterebbe il contrario, mentre si scopre che i ribelli avranno vinto la guerra, ma hanno perso la pace. In 30 anni i nostalgici del Primo Ordine hanno fatto man bassa delle rimanenti risorse imperiali (Stormtrooper e Star destroyer), mentre il resto delle Galassia vive in anarchia con un potere centrale molto debole.
L’ordine dei Jedi non è rinato, anzi l’esperimento di Skywalker è fallito nella maniera più drammatica. Leia ha mollato la carriera politica, Han Solo è tornato al punto di partenza. Il fallimento degli eroi di una generazione, tanta volontà e buoni sentimenti non sono bastati.
E anche i personaggi nuovi mi sembrato tutti molto meno spensierati, con un potenziale drammatico molto maggiore. Per non parlare di Kilo Ren, vero e proprio caso psichiatrico intergalattico
Potenzialità notevoli, a patto che il secondo atto, trovando già saldati tutti i debiti con il passato, possa far esplodere una storia all’altezza. Altrimenti la delusione sarà doppia.
Per ora 10 +5+7/ 3= 7.3 periodico

martedì 19 maggio 2015

Vestiti a festa per Chuck

In un periodo di poco tempo per letture piacevoli, davvero rinfrescante questa intervista di Bendis a Chuck Palahniuk sul seguito di Fight Club in uscita per Dark Horse
la trovate tradotta su Bad Comics
http://www.badcomics.it/2015/05/fight-club-2-brian-bendis-intervista-chuck-palahniuk/61276/

Palahniuk è un autore generazionale, forse in declino, ma è ugualmente un evento meraviglioso che abbia scelto di fare una graphic novel per il seguito della sua opera più famosa.
Bendis lo dice bene, le immagini possono aggiungere qualcosa al suo modo di scrivere. Inoltre l'interesse e l'attivismo per il progetto mostrato da persone del livello di David Mack e dello stesso Bendis è indicativo. C'è un gruppo di autori che ha un peso nelle politiche editoriali di Marvel, Dc, Image e company che ha deciso di fare del vecchio Chuck un uomo copertina per l'intero movimento. Un po' come nel calcio quando i campionati emergenti puntano su campioni in declino (Zico in Giappone, Beckham negli USA) per ottenere visibilità in contesti diversi dal solito. Una soluzione "di sistema" che dovrebbe avvicinare fumetto mainstream e letteratura (o più banalmente industria libraria). Marketing nel senso migliore del termine

Eppure sono convinto che sarà un fumetto, se non bello, almeno "degno" delle attenzioni che sta suscitando. Come Bendis anch'io negli anni 90 leggendo Palahniuk mi chiedevo "quanto sarebbe bello se scrivesse anche fumetti?". Sto per scoprirlo.

lunedì 20 aprile 2015

Anche in tv ci sarà la seconda stagione di Orfani

Direttamente da Cartoons on the bay Armando Traverso ha lasciato intendere che anche Ringo potrebbe avvere il trattamento "motion comic" e tornare su Rai 4. Ho visto qualche puntata del "fumetto in Tv" di Orfani e devo dire che il risultato era quasi meglio dell'originale che su carta spegneva un po' i colori e aveva qualche debolezza di trama, che invece si sposava bene con i tempi più sincopati della narrazione televisiva
Il regista della prima stagione ne è convinto anzi, in questa intervista all'AdnKronos, si lancia nell'idea di portare anche Tex o Dylan Dog sul piccolo schermo (Mater Morbi a colori non starebbe male, con quelle scenografie deformate e allucinate, così Recchioni è contento).
Interessante anche la disanima generale di Traverso che bazzica la Tv da 30 anni e ha sempre tentato di avvicinare il grande pubblico ai fumetti (con i radiodrammi sui titoli Bonelli ad esempio). Ecco le sue parole:

In Italia il fumetto ha sempre avuto difficoltà a essere riconosciuto come un arte e un mezzo di comunicazione vero e proprio. Ha ancora difficoltà a vedergli riconosciuta la cittadinanza che gli spetterebbe. Noto comunque un'incoraggiante inversione di tendenza per quanto riguarda il fumetto, come dimostra ad esempio Zerocalcare candidato al Premio Strega 2015. Ricordo quando qualche anno fa Sergio Bonelli mi diceva schernendosi un po' che temeva di dover gestire un lento ma inesorabile declino del fumetto. Invece oggi si dovrebbe ricredere perché gode di ottima salute. La stessa Bonelli sta pubblicando cose straordinarie, che si è dotata di un ufficio che gestisce le property e i character per lo sfruttamento dei media assomigliando sempre di più alla Marvel

lunedì 13 aprile 2015

Letture di marzo 3 - Japanzi +1

C'erano Gesù e Budda alla fioritura dei ciliegi
Saint Young man 1

Piccolo gioiello. Gesù e Budda decidono di prendersi una vacanza e si trasferiscono a Tokyo dividendo un piccolo appartamento.Sembra l'inzio di una barzelletta, ed in parte lo è, visto che questo manga è praticamente una sit com, un trovata che può suonare irriverente per gli animi più devoti, ma anche a costoro direi di provare a leggerlo. E' talmente leggero, garbato, quasi affettuoso nel raccontare la vita di questi due "poveri cristi" (scusate, non potevo esimermi). In questo caso le caratteristiche così universalmente conosciute delle due divinità è usata come base per fare dell'umorismo. Funziona, almeno per il primo numero. La cosa che mi ha colpito di più è la distanza con il nostro modo di parodiare la religione cattolica dove prevale il livore alla voglia di far ridere. 

I tempi (andati) di Adachi
Nine 4 Arcobaleno di spezie 6

Ho passato gran parte della mia giovinezza Internet (il gruppo usenet It.arti.cartoni) a litigare su Adachi. Io ero uno dei pochi a difenderlo, con me anche Mattia Dal Corno, oggi valente redattore alla Panini. Gli altri lo accusavano di trame ripetitive, personaggi tutti uguali tanto da rendere impossibille distinguerli all'interno della stessa storia. Allora avevo più tempo libero, più "sacro fuoco", ma dietro l'opera di evangelizzazione al verbo Adaciano c'era un interesse diretto: far risalire vendite scarse era l'unico modo per leggere altre storie. Non andò benissimo, infatti la Star comics ad un certo punto ha lasciato spazio ad altri. Oggi escono talmente tanti titoli che lo zoccolo duro dei fan di Adachi è quasi una sicurezza rispetto alle tirature medie degli altri
Dopo anni ho capito che tutti i difetti del suo stile non c'entrano nulla con il disegno in senso stretto. Adachi ha tempi di lettura unici: quanto fermarsi sulla vignetta, la velocità di passaggio sulle tavole è diversa dagli altri autori. La sua maestria impareggiabil e proprio nel dilatare e comprimere "i tempi drammatici" .
Se si entra in quella giusta sintonia è pura arte invisibile. Come dice Scott Mccloud la magia si compie nella tua testa e nello spazio bianco tra le vignette.E vi posso assicurare che è Arte nel senso di via all'illuminazione.
A me sembrava tutto così ovvio e automatico, finché con il passare degli anni e dei titoli anch'io mi son trovato a scorrere le pagine troppo frettolosamente, a saltare numeri e dimenticare eventi. Adachi ha perso po' di tocco o io ho perso un po' di capacità di lasciarmi incantare.
Non ho parlato dei titoli, ma avrò modo di tornarci. Due pensieri veloci: in Nine è ancora troppo immaturo, non si differenzia abbastanza con tanti altri manga sentimental/sportivi . Arcobaleno di spezie invece cresce numero dopo numero, potrebbe conquistare un giovane lettore che non ha mai incontrato il Maestro, almeno sul fronte dell'umorismo.

Senza età
Oh mia dea 47- Uchu Kyodai 21

Uno sfigato con una vita da sfigato stravolta da una ragazza bellissima, dolcissima e spesso con poteri soprannaturali.  E' stata una formula del sicuro manga di successo per almeno un ventennio (Lamu, 3x3 occhi, Video Girl Ai, Tenchi Muyo.....) non ci stancavamo mai di quegli occhioni e di quell'esercito di ragazze strambe. Oh mia dea mantiene l'incantesimo abbastanza intatto e anzi la prevedibilità all'interno di qualche piccola variazione è proprio il segreto del suo successo.
Fratelli nello Spazio ha persino perso quella tensione iniziale in cui tutti ci aspettavamo una forma di confronto finale/riunione tra Mutta e Hibito rispetto alle loro ambizioni di astronauti, però non annoia e rimane secondo me in quella "zona aurea" in cui piace anche in assenza di grandi eventi

J.J. Urasawa 
Master keaton 7 -Billy bat 10
Visto che  giace in libreria un congruo numero di densissimi Keaton in libreria rimando ad aprile per le conclusioni, mentre Billy Bat ha semplicemente superato il numero massimo di colpi scena sopportabili. Ormai è come Lost, oltre ogni della logica. Si scoprirà che era tutto un sogno del pipistrello

Ancora tu...
Claymore 25-Detective Conan 80
Questi non li leggo neanche più. Claymore l'ho iniziato semplicemente per mancanza (in quel momento) di titoli fantasy da affiancare a Berserk. L'idea delle guerriere catalogate in una classifica (tipo Atp/Wta nel tennis) mi ha irritato non poco. Negli ultimi numeri la protagonista si vede a malapena. Alla fine l'ho trascinato tra qualche bella sottotrama e i mostri in stile Giger sempre belli da vedere.
Detective Conan è meno credibile di Topolino, il ragazzino è peggio di un incrocio tra un gatto nero e la signora in giallo, dove passa ci scappa il morto (di solito in una stanza chiusa dall'esterno). Ormai tifo apertamente per gli uomini in nero, di certo hanno meno vittime sulla coscienza

Tamarro e più tamarro
Battle royale 1-2-3

Fumetto cult che ha creato un piccolo genere, quello delle classi/scuole che si trasformano in un gioco al massacro. Al tempo lo snobbai, per la qualità dei disegni decisamente non all'altezza. Lo recuperano pensando che fosse un lavoro "seminale" per capire questi autori del xxi secolo e perché soluzioni tanto claustrofobiche (oltre alla "classi assassine" pensate solo a Gantz) piacciano tanto. Brancolo nel buio, rimane un fumetto disegnato male, la scelta di stravolgere le fisionomie per rendere le situazion più drammatiche e grottesche stanca dopo 10 pagine. Dopo 3 volumi siamo ancora alla presentazione dei personaggi e la metà di quelli presentati sono già morti. Scene di sesso come riempitivo.
Bah...Ho comprato tutta la serie in blocco in una svendita, non è che la prossima vittima sarà la mia pazienza?


Alan ford 72/1
Serialità vecchia scuola: se un gruppo di personaggi funziona spremilo fino all'esaurimento. Piccole variazioni nelle storie in questo volume e nessun innesto di grande valore.

giovedì 9 aprile 2015

Letture di marzo 2 - Altri americani, altri zombie

Il bambino e l'acqua sporca
Miracleman 11-16 edizione omnibus

Si conclude l'utopia supereroistica di Alan Moore mostrandoci le estreme conseguenze di affidare a superuomini la difesa dell'umanità. La miracle family e i loro alleati ultradimensionali prendono il potere, sostituiscono i corrotti e spietati governanti del mondo, ci liberano dal rischio di una guerra nucleare. Il prezzo è la totale perdita dell'umanità, intesa come imperfezione, inclinazione alle passioni e alla violenza. E quello che non si capisce se Alan Moore scelga questo epilogo per indicare un pericolo o una soluzione. Tanto più che l'offerta di "disumanizzazione" appare tanto più allettante dopo un olocausto provocato dagli stessi supereroi, concluso con una scena d'infanticidio d'impatto devastante. L'umanità è solo una razza inferiore da elevare o è un patrimonio unico nell'universo? La risposta non è netta, anche se la sensazione che rimane chiudendo il libro è che non sia un lieto fine.
Ma d'altronde nessuna recensione potrà mai contenere o illustrare tutto quello che Moore è in grado di infilare in un fumetto. Leggetelo, sapendo che non sarà una traversata né breve e né facile.

Deja vu
I zombie volume 1 image comics

Mike Allred è il disegnatore più amato dai disegnatori, quel suo stile finto retrò faceva impazzire tutti sin dai primi anni 90. Il culto per il personaggio Mad Man è stata una forma hipsterismo ante litteram (insieme al Ghost World di Clowes).
Lo ritroviamo dopo dieci anni passati in progetti vari sia per Marvel e Dc il cui unico appeal era "chissà come sarebbe (inserire Catwoman/wolverine/Daredevil) disegnato da Allred".  Eccolo che torna su una storia lunga (siamo ai 30 numeri). La sceneggiatura è di Chris Roberson (forse lo avete letto nello spin off di Fables Cinderella). La storia sfrutta a pieno le influenze pop dei disegni di Allred e racconta la storia di un gruppo di amici (lei zombie, lui uomo lupo, l'altra fantasma) alle prese con vari misteri dalle tinte horror/umoristiche. Tutto sembra già visto, tra i riferimenti alti (Rocky Horror e Un lupo mannaro americano a Londra) e ben più bassi (Being Human, Girls). Alla fine lo compri solo per i disegni di Allred.

Deadpool vol 1

Non essendo un vero Marvel fan, non ho mai sentito il bisogno di leggere Deadpool, usato per parodiare gli aspetti più seriosi o impresentabili della continuity dei suoi colleghi supereroi
Mi ha conquistato l'idea di un invasione di presidenti degli Stati Uniti morti e tornati per "ricostruire" l'America. Tanta ironia sulla società Usa non scontata, dove non si ride almeno si sorride e il mercenario canadese si è meritato almeno un secondo giro