sabato 28 luglio 2012

Holmes uno di noi?

Non è colpa di Batman, ma è anche un nostro problema.
Cercavo nei giorni scorsi un fumetto che raccontasse perché James Holmes ha davvero a che fare con tutti noi comic-geek, e con il ruolo che l’onnipresente cultura-pop ha ormai nella società. Il pericolo di una crociata sembra scongiurato, il riflesso automatico di cercare il capro espiatorio nella violenza di cinema/tv/ fumetti/videogiochi è stato minimo. Gli Stati Uniti sembrano aver fatto finalmente dei passi avanti dai tempi del dottor Wertham e il resto del mondo si adeguato, a parte qualche doloroso scivolone (Angelo quoque tu)



Holmes ha scelto il film di Batman per far esplodere il peggio della sua pazzia, si è definito il Joker, ma come altri psicopatici prima di lui avrebbe potuto scegliere un libro, l’avvento del multiculturalismo, la congiura del grande capitale. L’uso di motivazioni particolarmente insensate ha almeno il vantaggio di risparmiarci il teatrino inevitabile delle strumentalizzazioni. Quando i pazzi psicopatici si nascondono dietro rivendicazioni religiose o etniche c'è sempre qualcuno che considera i loro pensieri degni di approfondimento. Dopo vicende come quella di Denver si discute giustamente su come rendere innocui questi squilibrati, in Europa c’è ancora di tenta di dare dignità politica e sociale alle farneticazioni di Brevnik

Detto che i fumetti non c’entrano e nemmeno la retorica dei supereroi, una leggera inquietudine rimane. Trent’anni fa Mark David Chapman lesse sul giovane Holden l’ordine di uccidere John Lennon ( o qualcosa del genere). Oggi è l’immaginario fantastico che nasce dai fumetti e dalla letteratura di genere la principale fonte d’intrattenimento e evasione per la popolazione mondiale, e quindi anche del materiale per le fantasie malate. Questa realtà dà ad autori, disegnatori e appassionati qualche responsabilità? Per me la risposta e sì.
La riflessione me l’ha suggerita Kick Ass 2 di Mark Millar e John Romita Jr.
Non voglio prevaricare le intenzioni dell’autore leggendoci troppo, ma io ho visto una critica fortissima ad un mondo, quello degli appassionati di fumetti, che si guarda troppo l'ombelico. Per chi ha letto la prima miniserie, o anche solo visto il film, la storia è paradigmatica: Dave Lizewski, classico adolescente sfigato, decide di risolvere i suoi problemi mettendosi un costume e combattendo l’ingiustizia. Dopo molto dolore e qualche colpo di fortuna diventa davvero un eroe. Insomma geek pride al suo massimo appena nascosto da massicce dosi di autoironia e da scene d’azione grottesche.

Al secondo giro Millar alza la posta. La domanda è sempre la stessa: “Cosa succederebbe se nel mondo reale qualcuno decidesse di mettersi una calzamaglia e fronteggiare il crimine?” Il buonsenso dice che finirebbero per farsi ammazzare o far ammazzare qualche innocente. Ed è esattamente quello che succede nel fumetto. Niente più esaltazione bonaria dell’incoscienza dei Dave Lizewski, nessun rispetto per una delle leggi inviolabili nel mondo della fiction (specie nel cinema americano): chi crede nei propri sogni riesce in tutto.
Non solo Romita ci mostra come la mancanza di senso della realtà di un gruppo di vigilantes improvvisati (di tutte le età) li porta a esperienze spiacevoli e perfino alla morte, ma Millar sottolinea, al momento dello scontro finale, i grandi ideali della giustizia e dell’altruismo sono solo pretesti rispetto alle vere motivazioni che portano i protagonisti a mascherarsi.....



E all'improvviso era finita. All'improvviso era tutto troppo reale e io non ero il Punitore o Batman o qualche tizio in un film d'azione. Ero io in un bagno di sudore che guardavo un ragazzino che avevo appena spinto giù da un palazzo
Le riflessioni di Dave, il fatto che una rissa da cortile tra due adolescenti si trasforma in una carneficina al centro di New York è la metafora perfetta di come certi temi sulla marginalità dei geek diventati facili chiavi di accesso per il cuore degli appassionati ora godano di una visibilità del tutto esagerata rispetto al loro peso specifico nelle miserie del mondo.
La rivincita dei Nerd è ormai totale è completa, basta vedere la copertura mediatica (e non solo di settore) dell’ultima Comic con di San Diego. Le franchise del fantastico sono le uniche in grado di creare miliardi di dollari di “revenues” praticamente dal nulla. Ci daranno tutta l’evasione che chiediamo (e anche di più). Sta a noi non esagerare: “i paramondi”  che tanto amiamo possono insegnarci molto su noi stessi, sugli altri e su tutto quello che ci circonda, ma non saranno mai un succedaneo della realtà.
Considerazione ovvia? Lo pensavo, ma dopo anni in cui essere un geek è diventato “uno stile di vita” tanto che gli Sheldon e gli Abed sono personaggi idolatrati, vorrei che ci fossero più opere e autori a ribadirlo. A forza di passare ore ad evadere nei nostri imaginatorium forse non diventeremo tutti degli Holmes, ma quello che succede là fuori potrebbe interessarci sempre meno.

Visto che sono stato un po peso, vi regalo una facezia "in tema". Succede anche da noi:
Grida "sono Batman" e si butta dal secondo piano di una palazzina di Lampedusa, uscendo preossocchè indenne, come il vero supereroe, da un volo di almeno 6 metri. A differenza di Batman, però, dovrà subire un trattamento sanitario obbligatorio nell'ospedale di Agrigento.
Protagonista un uomo di 32 anni originario della provincia di Brescia, nell'isola come volontario del centro di recupero delle tartarughe marine del Wwf

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