domenica 16 settembre 2012

Quanto il cinefumetto deve al fumetto-fumetto

"The Avengers" e "Il cavaliere oscuro, il ritorno" sono stati l'assoluto successo cinematografico dell'estate americana sono piaciuti in tutto il mondo. Storie godibili, ricche di azione e con atmosfere ben definite, merito di registi affermati come Josh Whedon e Cristopher Nolan che, al di là del loro talento personale hanno sicuramente un approccio di rispetto e considerazione per il mezzo fumetto e per le sue potenzialità. Conoscevano bene l'incarnazione cartacea del materiale che stavano producendo.
Non sono condizioni né frequenti né necessarie, ad esempio il Batman di Tim Burton era una costruzione personale dell'artista lontano anni luce dal cavaliere oscuro originale e anche da quello che s'imponeva negli albi contemporanei ai due film con Michael Keaton. Erano i tempi di "Shadow of the bat" o delle "leggende del cavaliere oscuro" per intenderci. Burton ricostruì un suo "elseworld" di Batman al cinema e funzionò.



Quella formula, prendere un grande artista e chiedergli di reinterpretare un'icona dei supereroi, non fu replicata con successo, né per gli altri due Batman di Schumacher (dove l'ispirazione sembrava più la serie Tv, pilastro del "Camp"), né in altre trasposizioni, come l'Hulk di Ang Lee.
Ci volle Sam Raimi con L'uomo ragno per mostrare la strada: bisogna creare delle pellicole con lo stesso spirito delle serie da cui traggono i personaggi, meglio se ci si rifà a specifici "periodi d'oro" che sono rimasti nella memoria di più generazioni di spettatori.  Chi non ha seguito queste indicazioni (Daredevil e Fantastici quattro) ha creato delle opere inconsistenti che non sono piaciute né ai fan né agli spettatori occasionali
Whedon in Avengers ha fatto un ulteriore passo in avanti, da vero conoscitore dei meccanismi dei comics ha costruito un kolossal in perfetto stile Marvel, portando quell'universo al cinema e raccontandolo alla stessa maniera. Ci sono le trame esili, ma epiche, di Big M, la necessità di cercare la "coolness" a tutti i costi: meravigliando con colori ed esplosioni, titillando l'ego degli spettatori con battute e "inner jokes". Iron Man 1 e Capitan America mi sembrano i prodotti in questo senso meglio riusciti, ma anche X men First class ricalca operazioni del passato come 1985 di Millar o 1602 di Gaiman

 Non è una critica, per quanto da sempre più filo-Dc e scarsamente affascinato da certi risvolti da soap opera dei personaggi Marvel, non posso negare che si tratti di uno stile supereroistico ricco di veri capolavori del genere. Ad esempio The Ultimates di Millar e Hitch è chiaramente un progenitore stretto della versione cinematografica di The Avengers e il risultato finale ne ha risentito positivamente. Nolan si è fermato a metà: il suo Batman Begins era fedele all'Anno Uno di Mazzucchelli e Miller, ma nessuno se ne accorto. The Dark Knight è bellissimo, ma "le licenze poetiche" sono decisamente troppe agli occhi di un lettore hard core. L'ultimo è una via di mezzo: Bane è una costruzione del tutto originale e secondo me ben riuscita. Mi piacerebbe leggere una miniserie (Loeb o Azzarello potrebbero scriverla) che approfondisse un villain che ha un aspetto mostruoso, ma un cervello in grado di battersi alla pari con quella del Detective.


Ma Nola ha anche rubato parecchi spunti validi emersi nel Bat-verse e selezionati negli anni dal gusto dei fan e dalla vena degli artisti. La Gotham isolata dal resto del mondo con i criminali che se la spartiscono in zone è una meravigliosa rievocazione di No man's land. L'orgoglio delle divise blu del Gcpd è nato in Gotham Central dalle menti di Rucka e Brubacker (dov'era Montoya?). E infine la pazzia tutta al femminile di Talia al Ghul è quella letta diverse volte in Batman & son, ma soprattutto in Death and the maidens (peraltro anche l'alleanza tra Bane e la famiglia Al Ghul è una sottotrama del ciclo Knightfall). Insomma Nolan ha fatto un'operazione molto simile a quella di Grant Morrison per il suo Rip. Trattando le centinaia di avventure del cavaliere oscuro come fossero una "biografia" reale e traendo delle conseguenze coerenti sul mondo, sulla psiche di Bruce Wayne e sulle persone che lo circondano. D'altronde la fine di quella Graphic novel e del film sono identiche.

Commento finale: trovo molto piacevoli questi film "leggibili" a più livelli e che danno agli amanti dei personaggi e ai comic geek elementi extra d'intrattenimento, nello svolgersi della trama o in scene "dedicate" come quella in cui Catwoman sparisce mentre Batman le parla e lui dice "allora è questo l'effetto che fa".
Lo definirei Fan service, se il termine non fosse usato per qualcosa di meno presentabile.

Ps. Segnalo che nel 2012, dopo anni in cui parlare di graphic novel "fa figo" come poche altre cose, qualche critico cinematografico non ha letto The return of the Dark Knight di Frank Miller e crede di farla franca. Boris Sollazzo scrive sul Sole 24ORE che
Nolan si avvicina molto all'originale del fumetto solo all'inizio, modella il suo cinema su quell'epica e oscura minisaga disegnata per essere un caposaldo di Batman e di tutte le nuvole parlanti, la graphic novel "Il ritorno del cavaliere oscuro" scritta e "dipinta" dal genio di Frank Miller
Sì.... certo.....sicuro.....