Manga e pedofilia. Non possiamo
nasconderci che il secondo sia un scomodo compagno di viaggio del
primo. Etichetta frettolosa e disinformata che i fumetti giapponesi
si portano dietro praticamente, tanto
pervicace e insinuante tanto che la parola manga è, in qualche contesto, sinonimo di
fumetti pornografici.
D'altronde un ventennio di psicologi
terrorizzati e di genitori preoccupati non possono essere cancellati
solo perché noi, la generazione nata negli anni 70, conta qualcosa. Per fortuna ormai in qualsiasi consesso, pubblico o privato, un sessantenne che se la
prende con i cartoni animati diseducativi trova un altro adulto che ribatte come lui sia cresciuto con candy candy e goldrake senza che
questo gli abbia sconvolto la vita.
Attenti però a non cadere nell'eccesso
opposto come hanno fatto questi anime fan alla CNN che hanno risposto
unanimi alla provocatoria domanda “il Giappone vieta la pornografia infantile, allora perché[ i disegni sono ammessi?”
Tutti giustamente compatti nel
criticare l'equivalenza tra immagine disegnata e una foto. L'assenza
anche nel manga più violento e scabroso della coercizione e della
violenza verso una persona reale. L'assurda punizione per la sola
detenzione di materiale disegnato che in altre nazioni viene
regolarmente venduto e l'ancor più assurda legislazione che lascia
l'arbitrio a un giudice la decisione sui singoli in casi in cui la
decenza viene superata. Con esiti paradossali, ma non meno reali.
Tutto sacrosanto. Buon costume e legge penale non
dovrebbero mai essere accostati, i reati sessuali esistono perché
colpiscono le persone che li subiscono non perché offendono la
morale comune. La legge deve proteggere le vittime non imporre codici
di comportamento, questo è un cardine della civiltà occidentale e
liberale. Mi ricordo che quando feci un viaggio in Tunisia nel 1988
c'erano dei malfamati cinema a luci rosse che davano i film di Gloria
Guida e Pierino. Immagino che ci fossero della durissime legge conto
chi contrabbandava ai minori o fuori da quei ristrettisimi circolo un
simile “materiale pornografico”.
In Italia li conosciamo bene certi fondamentalismi, basta pensare a quel capolavoro di disclaimer della Star comics sui suoi albi per cui “tutti i
personaggi devono intendersi maggiorenni”.
Detto questo, siamo abbastanza scafati
da sapere quanto sia forte l'industria del “titillamento” che si
arricchisce producendo tonnellate di ninfette precotte e che non
tutto quello che ci vendono è frutto di visione artistiche sincere e/o
provocatorie. Specie ora che si fanno serie Tv e videogames con
espresso target di 30-40enni e le ragazzine irreali che li popolano
non hanno nemmeno più la scusa di favorire l'identificazione degli
spettatori. Non credo seriamente che questo crei un incentivo alla
pedofilia o anche solo argomenti a chi vuole giustificarla, ma non
vendiamo un il fan service come cultura, perché significa dar
ragione a ignoranti e moralisti. I manga sono una cosa seria, non una fede.
Mercificazione del corpo e
discriminazione verso le donne sono un problema reale e non è una
bestemmia ammettere che in Giappone sono un paio di passo indietro
rispetto al resto d'occidente. Il ritardo di Tokyo nell'adeguarsi agli standard Onu
ne è solo l'ultima dimostrazione. Se poi ci sono anche motivazioni
economiche come la difesa delle aziende editoriale del cool Japan il
compromesso al ribasso è servito. E se qualcuno pensa che dire
questo sia un tradimento, avrà pure letto un miliardo di manga, ma
ha sprecato tempo perché non ha capito il messaggio di tolleranza e
apertura mentale contenuto nella stragrande maggioranza di essi.