mercoledì 2 luglio 2014

Favori ai pedofili e favori ai manga

Manga e pedofilia. Non possiamo nasconderci che il secondo sia un scomodo compagno di viaggio del primo. Etichetta frettolosa e disinformata che i fumetti giapponesi si portano dietro praticamente, tanto pervicace e insinuante tanto che la parola manga è, in qualche contesto, sinonimo di fumetti pornografici.

D'altronde un ventennio di psicologi terrorizzati e di genitori preoccupati non possono essere cancellati solo perché noi, la generazione nata negli anni 70, conta qualcosa. Per fortuna ormai in qualsiasi consesso, pubblico o privato, un sessantenne che se la prende con i cartoni animati diseducativi trova un altro adulto che ribatte come lui sia cresciuto con candy candy e goldrake senza che questo gli abbia sconvolto la vita.

Attenti però a non cadere nell'eccesso opposto come hanno fatto questi anime fan alla CNN che hanno risposto unanimi alla provocatoria domanda “il Giappone vieta la pornografia infantile, allora perché[ i disegni sono ammessi?”
Tutti giustamente compatti nel criticare l'equivalenza tra immagine disegnata e una foto. L'assenza anche nel manga più violento e scabroso della coercizione e della violenza verso una persona reale. L'assurda punizione per la sola detenzione di materiale disegnato che in altre nazioni viene regolarmente venduto e l'ancor più assurda legislazione che lascia l'arbitrio a un giudice la decisione sui singoli in casi in cui la decenza viene superata. Con esiti paradossali, ma non meno reali.

Tutto sacrosanto. Buon costume e legge penale non dovrebbero mai essere accostati, i reati sessuali esistono perché colpiscono le persone che li subiscono non perché offendono la morale comune. La legge deve proteggere le vittime non imporre codici di comportamento, questo è un cardine della civiltà occidentale e liberale. Mi ricordo che quando feci un viaggio in Tunisia nel 1988 c'erano dei malfamati cinema a luci rosse che davano i film di Gloria Guida e Pierino. Immagino che ci fossero della durissime legge conto chi contrabbandava ai minori o fuori da quei ristrettisimi circolo un simile “materiale pornografico”.

In Italia li conosciamo bene certi fondamentalismi, basta pensare a quel capolavoro di disclaimer della Star comics sui suoi albi per cui “tutti i personaggi devono intendersi maggiorenni”.

Detto questo, siamo abbastanza scafati da sapere quanto sia forte l'industria del “titillamento” che si arricchisce producendo tonnellate di ninfette precotte e che non tutto quello che ci vendono è frutto di visione artistiche sincere e/o provocatorie. Specie ora che si fanno serie Tv e videogames con espresso target di 30-40enni e le ragazzine irreali che li popolano non hanno nemmeno più la scusa di favorire l'identificazione degli spettatori. Non credo seriamente che questo crei un incentivo alla pedofilia o anche solo argomenti a chi vuole giustificarla, ma non vendiamo un il fan service come cultura, perché significa dar ragione a ignoranti e moralisti. I manga sono una cosa seria, non una fede.


Mercificazione del corpo e discriminazione verso le donne sono un problema reale e non è una bestemmia ammettere che in Giappone sono un paio di passo indietro rispetto al resto d'occidente. Il ritardo di Tokyo nell'adeguarsi agli standard Onu ne è solo l'ultima dimostrazione. Se poi ci sono anche motivazioni economiche come la difesa delle aziende editoriale del cool Japan il compromesso al ribasso è servito. E se qualcuno pensa che dire questo sia un tradimento, avrà pure letto un miliardo di manga, ma ha sprecato tempo perché non ha capito il messaggio di tolleranza e apertura mentale contenuto nella stragrande maggioranza di essi.