martedì 17 febbraio 2015

Zerocalcare da Fazio, ma non sarà troppo?

Dopo le copertine di Wired, Internazionale e Venerdì collezionate in un qualche mese, il nostro eroe Zerocalcare strappa 10 minuti nel salotto nazional popolare di Fabio Fazio.
Semplice miracolo un fumettista in prima serata Rai. Il video lo trovate qui 
Dieci minuti non indimenticabili in cui i tempi stretti e un'intervista un po' troppo preparata non hanno fatto l'emergere la simpatia naturale dell'uomo. Speriamo solo che serva a fargli conquistare qualche lettore in più


Immagino che Zc abbia violentato la sua ritrosia e il suo "orgoglio di marginale" per poter parlare di ciò che gli stava davvero a cuore: cioè la situazione a Kobane oggetto del suo primo reportage giornalistico uscito con Internazionale. Nel caso in cui si stesse chiedendo se questa seconda gamba da Comic-Journalist può affiancarsi - e in qualche modo "emendare" - la frivolezza delle sue strisce, noi ci permettiamo di rassicurarlo. Guy Delisle ha già dimostrato che si può essere osservatori curiosi e imparziali di realtà lontani e terribile giudice delle proprie debolezze quotidiane (e l'armadillo fa molto più ridere del papà imperfetto)

Soprattutto perché nelle 40 tavole di Internazionale Zero utilizza bene i meccanismi del reportage a fumetti, evitando il classico errore che fanno tutti i giornalisti alle prime armi in occasione del genere. Mandati per in un teatro importante si sentono autorizzati a dare la propria soluzione a questioni annose e complicate come una guerra o un cambiamento storico. Annacquando in un minestrone di "secondo me" qualunque cosa interessante possano aver davvero visto

Zc ha scritto con umiltà ed equilibrio, anche se ovviamente si capisce cosa e perché lo interessi della vicenda di Kobane, oltre a molta partecipazione emotiva. Peraltro con un effetto "collaterale" imprevisto: sono le tavole disegnate meglio della sua già cospicua produzione, un miglioramento che si vede sugli sfondi e sui primi piani. Se volesse continuare su questa strada, oltre a vincere la pigrizia e l'attrazione gravitazionale che lo tiene a Rebibbia (paragonabile a quella di una nana bianca sul punto di implodere), magari potrebbe andare a cercasi realtà che sfidano di più le sue convinzioni, visto che la curiosità di cercare verità meno scontate a spingere chi fa questa professione.

Poi possiamo aprire il dibattito se è peggio Zero nel circo buonista di Fazio o Gipi nel salotto radical chic della Bignardi. Il prossimo passo è vederli la domenica da Giletti o giudici di qualche talent tipo "Masterpiece".





giovedì 12 febbraio 2015

Letture di gennaio ultima parte

Topi di biblioteca
Unwritten 35-36-37-38 (Dc Comics)

Un tempo si criticava un film dicendo che era un “fumettone”: dialoghi piatti, personaggi caricaturali (i buoni troppo buoni e i cattivi senza speranza), ambientazioni improvvisate e incoerenti. Lasciando da parte il fatto che i fumetti mainstream, almeno quelli belli, non sono così dagli anni ’60, Unwritten è comunque la risposta definitiva a questo luogo comune.
Harry Potter, Dickens, Dante, l’intera mitologia classica, Melville, Jack London e naturalmente la Golden age dei fumetti sono la materia prima per un fumetto con un background da corso universitario in semiotica, letteratura o filosofia.
C’è anche tanta azione e qualche difetto tipico della coppia Mike Carey e Peter Gross (come nel Lucifero Vertigo). Fumetti tanto "intellettuali" regalano dei personaggi un po’ troppo freddi, costruiti, difficili da amare. Il gemello Fables è molto più spensierato senza essere meno complesso, ma Unwritten vale il vostro tempo

L'altra apocalisse
Sweeth Tooth 5  (Image-Rw Lion)

Mi accodo buon ultimo al Jeff Lemire fan club, antica scuola canadese che riesce a scrivere comics con leggero distacco, senza credere fino in fondo al “Mito” come succede al 99% degli americani. La serie è apocalittica e il parallelo con The Walking dead è inevitabile, quasi un tentativo della Dc di inseguire il filone aperto dalla Image.
Lemire è più sottile di Robert Kirkman: l’uomo-renna Gus e gli altri personaggi hanno parabole molto personali alla disperata ricerca di una nuova casa dopo l’afflizione che ha spazzato via il nostro presente. In the Walking dead Rick e compagnia sembrano sempre una metafora della “società umana” che tenta di ricostruirsi, di solito fallendo

No good lads

The Boys tpb. 11-12 (Dynamite)
Garth Ennis è un maestro in molte cose, ma non nei finali e gli ultimi due paperback di the Boys lo confermano. La serie ha smesso di stupire dopo Herogasm e le parodie alla lunga stancano. Come sanno anche i muri il vecchio Garth odia gli eroi e superodia i supereroi, lo certifica pilotando il suoi ragazzi verso una truculentissima deflagrazione. La vera notizia è che dopo 72 numeri (di cui almeno una decina di troppo) Ennis si commuova e ci grazi con la cosa più vicina ad un lieto fine che la sua mente possa congegnare.
Piccola notazione personale: leggerlo in lingua originale è stato puro masochismo, i dialoghi sono la trascrizione fonetica della parlata scozzese.


Die Orcs!
Kodt 208-209-210-211-212 (kenzer co)
Attenzione!!! Roba da veri nerd. Knights of Dinner Table è una strip iniziata vent’anni fa da tal Jolly Blackburn su cinque ragazzi (sempre meno ragazzi ormai) che ogni settimana si riuniscono per giocare ad un gioco di ruolo fantasy chiamato Hackmaster. I disegni sono “fatti con il computer” nel senso che Jolly, incapace di disegnare per sua stessa ammissione, ha scannerizzato un po’ di ambienti ed espressioni dei personaggi e li ripropone a seconda dell’occasione cambiando i baloon. Abbastanza a sorpresa non solo Kodt esce regolarmente ogni mese da due decenni con una rivista tutta sua piena di rubriche sui giochi di ruolo, ma ha anche dato vita ad una casa editrice del settore molto fiorente. Hackmaster da parodia di D&D è diventato un sistema reale e anche discretamente giocato. I personaggi della strip ormai superano i 50 e il seguito dei fan è abbastanza ampio e fedele da aver finanziato una webserie su Kickstarter. 
Si ride solo se si è veramente dei gamers di qualche generazione fa, altrimenti vi sembrerà tutto incomprensibile. Per un assaggio andate qui

La delusione
L’intervista -Manuele Fior (Bao)

Lo stile rarefatto di Fior qui sfiora l’inconsistenza, evidentemente 5000 Km al secondo era più meditato, covato il giusto tempo nell’animo dell’artista. Quando si opera in sottrazione, cercando di rendere l’atmosfera, l’essenza di un sentimento bisogna padroneggiare la sceneggiatura e i propri mezzi espressivi molto meglio di quando Fior non faccia in questa graphic novel. Il risultato è una fantascienza che non si capisce a cosa serva nella logica degli eventi raccontati (distrarre da un andamento piatto?), messa lì a “decorare” una serie di eventi che non hanno nessun legame con il finale (l’intervista del titolo) e in cui operano personaggi talmente ermetici da risultare incomprensibili.
L’obiezione ovvia è che da lettore non sia riuscito a trovare la sintonia con Fior. Possibilissimo visto il suo stile, ma direi che in questi casi la responsabilità è più dell’autore che dovrebbe proprio riuscire a comunicare con un pubblico più ampio possibile. Direi che portare oltre questa riflessione molto in là nella fantastica terra delle seghe mentali
 

lunedì 9 febbraio 2015

Letture di gennaio prima parte

Piccola premessa. Il proponimento del 2015 è quello di leggere ogni giorno una cinquantina di pagine di fumetti, meglio se si riesce a chiudere l'esperienza di un volumetto o un paio di comic book. A gennaio ce l'ho fatta, già a febbraio sono un po' in ritardo. La scelta dei fumetti è assolutamente random, qui non metterò delle vere e proprie recensioni, ma solo abbozzi nati durante la lettura. Visto che si sarà soprattutto roba vecchia si può parlare di "retrorecensioni"  

Bei tempi-Hellblazer

12-13-14 37-38-39 (vERTIGO before Lion)

Ho recuperato un po’ di episodi brevi e veri e propri fill in mai finiti nei paperback .
Sarà l’effetto nostalgia (ogni vignetta gronda anni 90!), ma mi sono piaciuti tantissimo. Il breve respiro delle trame fa emergere il personaggio nei suoi tratti tipici, le contraddizioni, il cinismo, lo sguardo dissacrante verso la magia e il soprannaturale e parecchi spunti sulle attualità di allora (le armi, le guerre dimenticate in Africa e Mediorientale). Constantine è stato per me uno specchio: il fratello maggiore nichilista da cui imparare come reagire alla scoperta di quanto in basso possono arrivare le persone. Impermeabile, Gauloises, risposte taglienti e qualche momento privato per autocommiserarsi. Ho rubato a John almeno due dei suoi quattro imperforabili scudi contro l'orrore.  
Mi mancano al massimo una decina di episodi mai letti sui 300 numeri di quella che è stata la testata più innovativa di quel periodo, la Harvard di un certo tipo di fumetto. Ogni volta che ne leggo uno provo quella sensazione dolceamara di chi scarta uno degli ultimi cioccolatino della scatola

In questi albi anche la conclusione della sfortunata gestione di Warren Ellis, chiusa in malo modo con la Vertigo (e con tutta la Dc) per aver bloccato la pubblicazione di Shoot, una storia che raccontava di un eccidio di una scuola in via di pubblicazione poco dopo il massacro di Columbine. A leggerla adesso è ancora una riflessione forte e originale di quel fenomeno (bellissima l’ultima vignetta), che dopo Columbine ha avuto molte repliche e quasi nessuna vera spiegazione o contromisura  



Peraltro Ellis è un profeta di sventura mica da poco, visto che nel 2001 il suo Autorithy si chiudeva con un bella veduta delle twin towers


Japan as usual

Silver Spoon 8- Detective Conan 48- Yukito 5- Yawara 9-  La crociata degli Innocenti 1-2-3- Eden 9- One Piece 71

Silver Spoon è il fumetto che più mi è piaciuto nel 2014, ora è un po’ appesantito, ma si fa ricordare con piacere (forse l’adattamento anime ha qualcosa in più).
One piece e Detective Conan ormai li leggo per pura inerzia anche se la creatività di Oda è impressionante nella sua testa c’è un universo infinito e con uno stile grafico senza paragoni, ha ridefinito il canone shonen e l’immaginario pop del ventunesimo secolo gli deve qualcosa 

Eden è un signor manga cyberpunk, ma condivide con il“padre” Ghost in the shell e tutte le grandi saghe del genere la difficoltà di regalare un senso di conclusione soddisfacente al lettore. Quando per migliaia di pagine si racconta di società complesse, disumanizzate e senza scopo, in cui i personaggi, anche i principali, sono pedine di un ingranaggio troppo grande, la narrazione stessa si frammenta in storie di comprimari che prendono il centro della scena e protagonista. Endo ha molte cose da dire e se la cava, ma della famiglia Ballard non sentiremo la mancanza

La crociata degli innocenti è arrivato nel mucchio praticamente per caso, un disegno dalla qualità incerta e una sceneggiatura che ricorda una discesa in bicicletta senza freni, sembra sempre sul punto di spaccarsi in mille pezzi ad ogni curva e sprofondare in un baratro di ridicolo, ma miracolosamente resta in piedi. E se diventa ridicolo magari migliora
 

Japan special
Verso una nobile morte e La vetta degli Dei 5

Verso una nobile morte racconta verità persino ovvie agli occhi di chi ha vissuto le atrocità della guerra. Prezioso nell’insegnarle anche a tutti noi più fortunati e, per questo, più stupidi. Non è un capolavoro, non è sofisticato e persino un po’ datato, ma indispensabile come l’acqua

Alpinismo e manga. Un binomio molto di moda (the climber, gaku, Ascension in francese), a pensarci è quasi ovvio: la forza visuale dei paesaggi, più le tematiche della sfida alla natura, ai propri limiti. Più tante storie già scritte di rivalità e grandissime amicizie sul filo della morte. A togliere gli ultimi dubbi ci pensa Taniguchi che mette a disposizione il suo “super-realismo” per adattare un romanzo molto giapponese. Personaggi intagliati nella roccia: samurai con una missione da portare a termine per realizzare se stessi, per onorare una passione, per ripagare un debito di amicizia. Non si ride neanche per sbaglio, si scalano vette e “principi etici” di purissimo granito.

Italiano medio
Alan Ford 5 Julia 191-192-193-194

La saga di Superciuk è quella che fece decollare il mito di Alan Ford (lo dice Max Bunker, io allora non ero ancora nato), ed in effetti, in una serie che sente il peso del tempo questo volume è veramente esilarante. C’è anche un insegnamento per i “nuovi poveri” di adesso: andatevi a vedere con quale leggerezza si riusciva a ridere della miseria negli anni '70, forse perché allora non era un stigma di sconfitta o la scusa per scaricare la propria rabbia su qualcun altro (i politici, gli immigrati, l’euro). Era più “mal comune mezzo gaudio” come il gruppo Tnt dimostra.  

Julia mi annoiava, ma non avevo il coraggio di ammetterlo nemmeno di fronte al mucchio di arretrati che “non trovavo” mai il tempo di leggerlo. Questa striscia invece è sopra la media: episodi autoconclusi simili ad un telefilm con storie coerenti e non troppo scontate. Mi sembra che Berardi e il suo team rendano meglio quando semplicemente "si dimenticano" dell'evoluzione dei personaggi e si concentrano sul plot, sui criminali e gli altri comprimari della storia mensile. Julia, Webb, Baxter e tutti gli altri saranno sempre gli stessi, noi lettori lo abbiamo capito e accettato, cerchiamo di andare avanti


Superautori
Una trilogia inglese- David Boring
(questa è la retrorecensione del mese: ho finito di leggere nel 2015 una collana di graphic novel uscita con l'Espresso nel 2006)
La ligne claire.... Potresti guardare una tavola per ore, chiudere il libro riaprire alla stessa tavola e scoprire qualcosa di nuovo. Floch è una gioia per gli occhi, ma i belgi riesco a digerirli a piccole dosi: un paio di Tintin l’anno per goderseli davvero ( magari rileggersi a distanza di tempo)

Ho adorato Ghost world, poi ho pensanto per anni che David Clowes avrebbe potuto fare di meglio. La verità è che lui aveva scritto David Boring e io l’avevo colpevolmente mancato. È arte nel senso migliore del termine: originale, provocatorio, inimitabile, ma al tempo stesso restituisce un particolare stato d’animo di quel periodo, rendendolo così irripetibile. L'avessi letto allora mi sarei accorto che era finito un decennio (il decennio della mia giovinezza). Leggendolo adesso ho scoperto che qualcuno lo ha raccontato come meritava