sabato 20 dicembre 2014

Non è un anime per vecchi: Sword art online

Ho visto la mia prima serie anime. La prima da quando sono papà e la prima dopo aver compiuto i 40 anni. A  20 anni ero orgogliosamente sicuro che avrei visto cartoni animati fino alla vecchiaia, devo ammettere che affrontare Sword art online invece non è stato semplicissimo:una storia mainstream, passata in televisione, senza nessun legame con i titoli e gli autori che ho visto e amato nel passato. Addirittura l'adattamento di una serie di Light novel (ai miei tempi succedeva il contrario: i romanzi erano sottoprodotti di manga/anime di successo).  Temevo che i miei occhi, la mia sensibilità fossero definitivamente cambiati. Quando vedo i miei figli iptonizzati dalle luci e dai colori delle giostre ricordo cosa si provava, ma ovviamente non posso più tonare indietro.


Beh, mi sono proprio divertito, la prima parte della serie (le 25 puntate sono divise in due parti molto distinte) non mi vergogno a definirla avvincente. Come spesso accade nelle serie ben riuscite, ambientazione e atmosfera contano più della trama che parte da un'idea recente ma già molto sfruttata: i giocatori di un gioco ruolo virtuali si trovano bloccati all'interno del mondo di Sword art on line e quella diventa la loro vita vera. Amori, battaglie, morti, amicizie vengono forgiate nella grande quest di trovare un modo di tornare a casa
Nelle puntate vengono affrontati tutti i topos tipici del "modernissimo" dilemma virtuale/reale. Chi gioca per fuggire dalla realtà, chi indietro non ci vuol proprio tornare, chi scopre di dover maturare in fretta per affrontare le responsabilità nel nuovo mondo. Gli stessi protagonisti Asuna e Kirito sono incredibilmente più adulti quando interpretano il proprio alter ego di quanto non lo siano nella "realtà". Anzi una delle chiavi conclusive della serie è il momento in cui i due ragazzi dimostrano di aver raggiunto la consapevolezza e la stabilità dei loro personaggi virtuali.

 Quello che mi ha stupito di più è riuscire ancora a provare empatia per personaggi così lontani come età e come motivazioni. La serie si fa amare anche da uno sguardo più distaccato e cinico nonostante qualche trama esile (troppi episodi?) e l'inserimento di un triangolo amoroso tra i protagonisti e la sorellastra di Kirito il cui unico scopo è titillare qualche fantasia malata tra gli adolescenti maschi (anche questo stravisto).
Ma la vera domanda che mi ha assillato durante la visione (trascinata per almeno otto mesi e un giorno spiegherò perché non credo nel binge watching): cosa direi ai miei figli di fronte a certe scene di violenza o di ammiccamenti? Per chiarire, nelle ultime puntate della serie c'è una scena che nel "mondo dei grandi" viene definita "pesante molestia sessuale" e subito dopo viene chiarita la differenza tra uccidere in un mondo virtuale e nel mondo reale.
Immagini inquietanti, ma che non mi sento di definire fuori posto. Viste all'età giusta si cresce anche così. Davanti al monitor o seduti sul divano, mi sembra un posto abbastanza sicuro per farsi strappare certe ingenue certezze giovanili
D'altronde a cose del genere noi siamo sopravvissuti

Nessun commento:

Posta un commento