giovedì 24 maggio 2012

Diversi per forza

North Star si sposa con il suo compagno nel numero 51 di Astonishing X-men. Matrimonio gay nel mondo Marvel e diluvio di titoli sui media tradizionali. La DC risponde annunciando che entro giugno uno dei personaggi "principali" farà outing (il principale sospetto è Aquaman, io dico Plastic man).
La risposta degli appassionati è stata unanimente negativa: solo marketing. Strategia scoperta: subito arriva parecchia pubblicità gratuita, si fa scorta di "buona stampa" e nel migliore dei casi si allarga il mercato verso target sconosciuti.


E' un po' più complicato di così, il mondo dei supereroi ha la coscienza sporca: nato negli anni 40 si è trascinato un sistema di valori e pregiudizi alla lunga diventato anacronistico e retrivo. La foglia di fico del comics code o anche l'imperativo di non traumatizzare i ragazzi è superato da almeno 15 anni. Certe consuetudini sono state duramente svillaneggiate anche dall'interno come nel meraviglioso The Boys di Ennis e Robertson. La mancanza di coraggio di molti autori è evidente, anche le operazioni nostalgia/rivisitazione (tipo Astrocity) si fermano a riproporre quel mondo rassicurante e ingenuo come se la "monocromia" sessuale e razziale fosse un elemento di forza e non di debolezza della Golden Age. Fossanche una riparazione tardiva e calcolata, ben venga.



I tentativi di far irrompere la realtà tra gli uomini in calzamaglia (la droga, il porno, l'immigrazione) sono stati goffi, estemporanei e in generale poco efficaci, specie quando hanno coinvolto icone come Batman, Superman o l'Uomo ragno.
Spesso ha vinto l'ipocrisia del politically correct. Se ne prendeva gioco Kevin Smith nel film Chasing Amy con il personaggio Hooper X, autore nero e alternativo che predicava l'oppressione bianca tra i supereroi, ma per non perdere tutti i suoi piccoli fan afroamericani, doveva nascondere di essere esponente di un'altra minoranza poco rappresentata sulle pagine dei comics, quella degli omossessuali. 
Il ritornello è consolidato, le accuse "all'industria" di non dare abbastanza spazio a  donne, Lgbt, minoranze etniche, religioni non occidentali, idee alternative a quelle dei superoi sono al tempo stesso vere e inutili.
Vere perché si limitano a ribadire dati di fatto, inutili perché, per qualche miracolo, le varie generazioni di sceneggiatori e disegnatori sono riusciti a far evolvere anche il genere supereroistico verso il ventunesimo secolo. Storie belle e originali non mancano e i loro protagonisti non sono tutti bianchi occidentali, dalla sessualità sottotraccia (ma sicuramente normale) e difendono a tutti costi la volontà del governo e il benessere delle famiglie tradizionali. Warren Ellis e Mark Millar ci hanno regalato Apollo e Midnighter, Rucka e Jason Williams hanno dato a Kate Kane, alias Batwoman, un'omosessualità netta, consapevole e adulta, molto più normale e "trasparente" delle tante ambiguità di Batman e Robin che tanto piacciono a Grant Morrison. E questo per rimanere all'interno della questione dei personaggi omosessuali tra i supereroi.



Tra i comics in generale posso non citare il mio fumetto preferito in assoluto e oggetto di vero e proprio culto: Strangers in Paradise, una storia d'amore "perfetta", dove il fatto che le protagoniste siano due donne è al tempo stesso importante e marginale.
Insomma per ognuna delle tante "minoranze" bistrattate nel mondo delle graphic novel, posso elencare eccezioni importanti e di qualità. Sei mesi fa si parlava di più dei personaggi femminili stereotipati e della mercificazione dei loro corpi. Tornerà anche questa polemica. Alla fine a tutti  risponde bene Greg Rucka

Writers don't write Men or Women or Dogs or Salmon. Writers write characters, and at our best, if we do it well and with care and with thought, we invest in those characters a spark of life, a realism and nuance that makes them believable and relatable.

Ancor più clamorosamente, i lettori sono andati oltre i non detti e le incertezze ed è nata una comunità di appassionati che fa dell'amore per i fumetti uno strumento per arricchire la propria identità  (anche sessuale). Non esiste nessuna barriera di genere, orientamento, età, religione per amare quest'arte o per diventare protagonisti di una storia disegnata. è la lezione più consolatoria di tutta la vicenda, la forza del mezzo è superiore a tutte le contorsioni politiche, le ipocrisie sociali e i calcoli economici. Meno consolante, invece come fa notare comics alliance, la sfiducia della Marvel nei confronti del matrimoni di ogni tipo.
In questa variant di Phil Noto per il 51 di Astonishing  X-men sono riportate famose coppie del momìndo Marvel, e nessuna di queste è rimasta sposata a lungo.


martedì 22 maggio 2012

L'età giusta per i manga. Fratelli nello spazio

L'idea era di scrivere un post per segnalare il bel manga Uchu Kyodai, tradotto in Italia da Star comics con il titolo "Fratelli nello spazio" (qui un'anteprima sfogliabile). Ma ho subito capito che era il caso di alzare il tiro, perché l'autore  Chuya Koyama mi ha regalato un'epifania tutta personale. Leggo manga da oltre vent'anni, sono uno di quelli che, macinando pagine con ritmi da vero otaku, ha permesso l'affermarsi della  "cultura dei cartoni giapponesi" in questo paese. Ho visto nascere tutte le realtà del settore: Granata press, Star comics (specie durante il regno dei Kappa boys), Dynamic e poi quelli della Planet manga. Mi ricordo alle fiere una minoranza agguerrita e rumorosa capace di togliere parecchia polvere a eventi che erano per lo più incontro per antiquari, giocatori di ruolo e collezionisti attempati.


Guardo alle migliaia di cosplayer di oggi con la bonarietà di un fratello maggiore, ammiro il loro entusiasmo, ma ormai da anni mi rendo conto di essere fuori target rispetto alle decine di titoli che escono, confondo le case editrici che si sono aggiunte (Jpop, Goen....).  Cosa ancor più grave, ci sono serie che ormai leggo per pura inerzia (Guyver, One piece, Oh mia dea). La domanda scomoda che molti lettori ultratrentenni come me si saranno posti è se ha ancora senso continuare. "Quanti demoni da esorcizzare, quante storie di redenzione scolastica o di affermazione sportiva; quanti goffi e contorti percorsi verso il vero amore (è sempre lì, in bella vista), quanti liceali in divisa chiamati a salvare questo o altri mondi posso ancora sopportare?"

Ovvio che i manga non siano solo questo. Ci sono storie adulte come Homunculus o Monster,  ci sono autori senza età e senza confini (Tezuka e Taniguchi tanto per citare i pesi massimi). Questi gioielli non usciranno mai dalla mia sostanziosa dieta fumettisca. ma perdere il piacere delle storie più mainstream mi terrorizza (chiamiamola pure "paura d'invecchiare":-)).
Uchu Kyodai è sicuramente una storia sopra le media per complessità, adatto a gusti ormai "seinen", ma mi ha definitivamente ricordato che oltre una capacità d'intrattenimento e storytelling senza pari, la sensibilità degli autori giapponesi è in grado è imbattibile nel raccontare la passione nelle sue forme più varie.

Nell'ovvia approssimazione necessaria per definire un contributo unico di un genere. Ho la presunzione di dire che gli americani hanno ridefinito l'epica dell'eroe, smontandola e rimontandola mille volte, gli italiani, con l'epopea dei bonelliani, hanno ottenuto risultati simili, ma ancorandosi agli schemi classici del romanzo d'avventura. I francesi sono imbattibili nel ricostruire i contesti, sono maestri delle ambientazioni e riescono al meglio quando le usano come strumento di riflessione sulle vicende dell'umanità. I manga, specie quelli pensati per le giovani menti, sono unici quando si tratta di spiegare cosa porta ognuno di noi a dare un senso alla vita. Che sia un altro essere umano, un arte, un talento, uno sport, un'idea astratta o anche solo un luogo, i giapponesi hanno insegnato al mondo cosa significa abnegazione, "vocazione", amore incondizionato. Senza paura ne hanno esplorato il lato oscuro: l'ossessione, la perversione (cioè quando tutto si riduce alla distruzione di sé e dell'oggetto del proprio desiderio). Oppure quando si deve ammettere il proprio fallimento e, ancor più drammatico, la terribile condanna di non avere più uno scopo.

Fratelli nello spazio in realtà ha un tono e un'atmosfera tutto sommato leggera, ma mescola due elementi "storici" del fumetto giapponese: la crescita dei personaggi e l'amore per la scienza. Due fratelli che sognavano da piccoli di raggiungere le stelle, diventano astronauti. Tra flashback, mentori improbabili e grandi momenti d'illuminazione, Mutta e Hibito trovano la loro strada, scoprendo quanto la realtà sia diversa dai sogni, costruendo la loro vita da adulti. Il raggiungimento del traguardo significa sacrifici, non solo in termini d'impegno e fatica, ma anche rinunce alla quotidianità: la famiglia, gli amici, l'amore.
Le side-stories dei personaggi secondari sono un altro punto di forza del titolo.
Insomma mi ha conquistato proprio per la capacità di riportarmi a temi familiari sulla realizzazione personale che tanto ho amato in gioventù  adattandoli ad una sensibilità ormai adulta e fin troppo disincantata. Una sceneggiatura robusta che gli è valsa la trasposizione in anime, in arrivo quest'anno in Giappone, e anche un film dal vivo il cui risultato è, come spesso accade in questi casi, divinamente trash.

martedì 8 maggio 2012

Mazzucchelli nella sua scintillante armatura

David Mazzucchelli è il campione degli amanti del fumetto, nel senso più letterale del termine. Un artista impostosi nel mainstream (Daredevil e Batman anno uno) che ha poi scelto di portare la sua arte e la nostra passione verso lande sconosciute, sperimentando quello che il mezzo e il suo talento personale poteva dare di nuovo. Introduzione pomposa per dire che ho letto (2 volte) in 48 ore Asterios Polyp, (da noi edito da Coconino press). Un'opera che ha avuto una gestazione di circa 10 anni e nonostante questo appare clamorosamente innovativa.

Racconta una storia abbastanza lineare: un professore universitario snob e misantropo viene "benedetto" dall'incendio del suo appartamento che lo costringe a ricostruirsi e capire cosa davvero è importante nella vita. Una storia molto "anni 90", sul senso delle piccole e grandi cose che ricorda un po' quel capolavoro televisivo di Northern exposure (da noi Un medico tra gli orsi). Si parla di auto, famiglia, soprannaturale, amore, Dio e dell'indifferenza dell'universo nei nostri confronti.
La risposta è relativista, ma senza disperazione. Il finale è semplicemente perfetto, una "trovata" in grado di far esplodere un impulso che ti accompagna per tutta la lettura: spiegare, approfondire, dire la tua opinione.
Insomma un libro che sarebbe piaciuto al "giovane" Holden Caulfield: "Uno di quelli che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira"

Ma la vera originalità sta nel linguaggio. Asterios è un grande fumetto senza rientrare nelle due grandi categorie con cui si etichettano i capolavori. I più intellettuali dicono che i fumetti al loro meglio sono "letteratura disegnata", un po' fuori moda è l'espressione di "cinema su carta", mai appartenuta all'estetica anglosassone e molto più, seppur in modi diversi, ai manga e ai fumetti popolari italiano e argentino. La narrazione di Mazzucchelli è "stereo" con le immagini e le parole che viaggiano in parallelo. Le dissonanze servono proprio a esaltare alcuni concetti. Un uso più moderno del vecchio parallelismo didascalie-immagini della golden age in cui la didascalia spiegava, con dovizia di aggettivi, la scena sottostante. Agli occhi di noi lettori del 21 secolo quel meccanismo è melodrammatico e ridondante, ma nella versione Mazzucchelli rende ottimamente la distanza tra la percezione del personaggio e la realtà o tra le sue parole e i suoi pensieri. Altri elementi nuovi sono l'uso di simboli matematici, frecce, lettere di alfabeti e pittogrammi come codice comunicativo ibrido tra i disegni e le parole. L'uso della tavola è a dir poco libero, senza griglie prefissate e uso diffuso degli spazi vuoti. Scelta perfetta per quello che un lungo e ineguale flusso di coscienza che cattura il lettore

Al quarto paragrafo devo precisare che Asterios è una lettura scorrevole, dove gli eventi si rincorrono con armonia e leggerezza. Bello in senso pieno anche per chi non coglie tutti gli aspetti metafumettistici.
E' l'opera ideale da prestare a qualcuno che non è interessato ai fumetti per dimostrargli quanto sanno essere intelligenti e intriganti. E soprattutto inimitabili, l'esatto contrario di quel "parente povero" di film e romanzi che la maggioranza delle persone crede.
Sono convinto che Mazzucchelli (con Spiegelmann e pochi altri) sia uno dei pochi autori in grado di "farci fare bella figura" ovunque. Come suggerisce il titolo del post, è un'ambasciatore ideale. Anzi meglio: è l'ideale campione da lanciare in qualsiasi disfida culturale.  Anche se l'antica questione su quali siano i modi giusti di allargare la cerchia degli estimatori, ritornello di mille dibattiti in rete e nelle fiere, mi appassiona molto meno di un tempo, per molti versi lo considero superato.