martedì 22 maggio 2012

L'età giusta per i manga. Fratelli nello spazio

L'idea era di scrivere un post per segnalare il bel manga Uchu Kyodai, tradotto in Italia da Star comics con il titolo "Fratelli nello spazio" (qui un'anteprima sfogliabile). Ma ho subito capito che era il caso di alzare il tiro, perché l'autore  Chuya Koyama mi ha regalato un'epifania tutta personale. Leggo manga da oltre vent'anni, sono uno di quelli che, macinando pagine con ritmi da vero otaku, ha permesso l'affermarsi della  "cultura dei cartoni giapponesi" in questo paese. Ho visto nascere tutte le realtà del settore: Granata press, Star comics (specie durante il regno dei Kappa boys), Dynamic e poi quelli della Planet manga. Mi ricordo alle fiere una minoranza agguerrita e rumorosa capace di togliere parecchia polvere a eventi che erano per lo più incontro per antiquari, giocatori di ruolo e collezionisti attempati.


Guardo alle migliaia di cosplayer di oggi con la bonarietà di un fratello maggiore, ammiro il loro entusiasmo, ma ormai da anni mi rendo conto di essere fuori target rispetto alle decine di titoli che escono, confondo le case editrici che si sono aggiunte (Jpop, Goen....).  Cosa ancor più grave, ci sono serie che ormai leggo per pura inerzia (Guyver, One piece, Oh mia dea). La domanda scomoda che molti lettori ultratrentenni come me si saranno posti è se ha ancora senso continuare. "Quanti demoni da esorcizzare, quante storie di redenzione scolastica o di affermazione sportiva; quanti goffi e contorti percorsi verso il vero amore (è sempre lì, in bella vista), quanti liceali in divisa chiamati a salvare questo o altri mondi posso ancora sopportare?"

Ovvio che i manga non siano solo questo. Ci sono storie adulte come Homunculus o Monster,  ci sono autori senza età e senza confini (Tezuka e Taniguchi tanto per citare i pesi massimi). Questi gioielli non usciranno mai dalla mia sostanziosa dieta fumettisca. ma perdere il piacere delle storie più mainstream mi terrorizza (chiamiamola pure "paura d'invecchiare":-)).
Uchu Kyodai è sicuramente una storia sopra le media per complessità, adatto a gusti ormai "seinen", ma mi ha definitivamente ricordato che oltre una capacità d'intrattenimento e storytelling senza pari, la sensibilità degli autori giapponesi è in grado è imbattibile nel raccontare la passione nelle sue forme più varie.

Nell'ovvia approssimazione necessaria per definire un contributo unico di un genere. Ho la presunzione di dire che gli americani hanno ridefinito l'epica dell'eroe, smontandola e rimontandola mille volte, gli italiani, con l'epopea dei bonelliani, hanno ottenuto risultati simili, ma ancorandosi agli schemi classici del romanzo d'avventura. I francesi sono imbattibili nel ricostruire i contesti, sono maestri delle ambientazioni e riescono al meglio quando le usano come strumento di riflessione sulle vicende dell'umanità. I manga, specie quelli pensati per le giovani menti, sono unici quando si tratta di spiegare cosa porta ognuno di noi a dare un senso alla vita. Che sia un altro essere umano, un arte, un talento, uno sport, un'idea astratta o anche solo un luogo, i giapponesi hanno insegnato al mondo cosa significa abnegazione, "vocazione", amore incondizionato. Senza paura ne hanno esplorato il lato oscuro: l'ossessione, la perversione (cioè quando tutto si riduce alla distruzione di sé e dell'oggetto del proprio desiderio). Oppure quando si deve ammettere il proprio fallimento e, ancor più drammatico, la terribile condanna di non avere più uno scopo.

Fratelli nello spazio in realtà ha un tono e un'atmosfera tutto sommato leggera, ma mescola due elementi "storici" del fumetto giapponese: la crescita dei personaggi e l'amore per la scienza. Due fratelli che sognavano da piccoli di raggiungere le stelle, diventano astronauti. Tra flashback, mentori improbabili e grandi momenti d'illuminazione, Mutta e Hibito trovano la loro strada, scoprendo quanto la realtà sia diversa dai sogni, costruendo la loro vita da adulti. Il raggiungimento del traguardo significa sacrifici, non solo in termini d'impegno e fatica, ma anche rinunce alla quotidianità: la famiglia, gli amici, l'amore.
Le side-stories dei personaggi secondari sono un altro punto di forza del titolo.
Insomma mi ha conquistato proprio per la capacità di riportarmi a temi familiari sulla realizzazione personale che tanto ho amato in gioventù  adattandoli ad una sensibilità ormai adulta e fin troppo disincantata. Una sceneggiatura robusta che gli è valsa la trasposizione in anime, in arrivo quest'anno in Giappone, e anche un film dal vivo il cui risultato è, come spesso accade in questi casi, divinamente trash.

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