domenica 2 giugno 2013

Perfetto Golgo 13 e la lezione dei matusa italiani

E’ un esempio di alto artigianato Golgo 13. Il cofanetto con 13 storie pubblicato in Francia e da noi da Jpop apre uno squarcio su uno dei grandi misteri del mondo dei manga. In un mercato da migliaia di titoli che macina le mode e i personaggi con una bulimia senza uguali, Golgo 13 è muto, immobile e compie le sue gesta da 45 anni ininterrotti. Mi fa pensare al nostro Diabolik, simili per longevità e per, passatemi il neologismo, “iconicità”.

Tanto è immobile nel suo universo il nostro ladro, tanto è solido il killer professionista Duke Togo nella ripetitività delle sue storie. Con Diabolik condivide il periodo e l’humus culturale che a metà degli anni 60 rendeva tanto “cool” personaggi amorali, ma comunque eccezionali nelle loro specialità criminale e nella loro vita fuori dalle regole della società normale. Scarsa anche la caratterizzazione psicologica dei protagonisti che si raccontano poco, lasciando ai personaggi di contorno tutto il peso “emotivo” delle loro avventure. Alla fine tanta impenetrabilità diventa la chiave del fascino e della longevità di questi eroi maledetti. L’autore Takao Saito ha ammesso che nel corso degli episodi Duke ha parlato (e pensato) sempre meno, proprio che allungarsi la vita

Ho parlato di alto artigianato perché in Golgo le pretese artistiche devono convivere con precise necessità funzionali e commerciali. Inesistente continuity per mettere a proprio agio il lettore occasionale, zero sperimentazione su trame e svolgimento dell’azione. Disegni identici pur nello scorrere dei decenni. Saito “garantisce” un prodotto, ma non scrive e disegna sempre più raramente il manga, avendo messo su una bottega di tutto rispetto. Tanto che nell’intervista alla fine del terzo volumetto elenca, senza troppi pudori, una dozzina di canovacci. Cambiate ambientazioni geografiche e saccheggiati spunti da 40 anni di cinema noir e d’azione e il gioco è fatto, per circa 180 volumi. Perché Golgo nasce quando le storie su carta erano soprattutto un succedaneo dei film, intrattenimento a buon mercato sia per gli autori che per i lettori

Siete molto lontani dalla verità se pensate che tutto questo renda Golgo poco godibile, anzi le 13 storie scorrono via come acqua fresca in un giorno d’estate. Forse datate, a volte prevedibili con i 20-30 anni che sono passati dalla loro prima pubblicazione. Sono comunque perfette, in grado di ricreare le atmosfere dei film sui dirottamenti, le saghe spionistiche alla Fleming, persino qualche western o i film carcerari. Golgo letteralmente non sbaglia un colpo: è al tempo stesso straordinario e credibile.

Piccola notazione personale. L’episodio nel primo volumetto che simula un incidente nucleare, scritto prima di Chernobyl, è inappuntabile in ogni notazione tecnica, in ogni dialogo e in ogni misurazione e terminologia. Ho scritto due libri “divulgativi”  sull’argomento 30 anni dopo e non ho visto nessuna “licenza romanzesca” da parte dello sceneggiatore, né errore dovuto a conoscenze superate. Chapeau!!


Anche in Italia i fumetti si facevano così (forse appena meno accurati) e vendevano centinaia di migliaia di copie. Da noi a Tex rimane il titolo più venduto in edicola, l’esercito dei lettori si è ridotto e il peso culturale del fumetto è da sempre marginale, pur con qualche piacevole eccezione autoriale.
In Giappone, lo sapete, si è sperimentato tutto e il contrario di tutto producendo infinite nicchie, un mercato mainstream immenso e i fumetti sono un prodotto industriale-culturale che primeggia nelle statistiche delle esportazioni nipponiche nel mondo. Golgo a Tokyo è una curiosità, un “residuato” per nostalgici, da noi i matusa sono ancora lì a tirare la carretta. Ogni Paese ha i fumetti che si merita


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