Il post precedente grondava ottimismo e positività, Amazon ha pensato bene di farmi tornare con i piedi per terra. Il primo annuncio del nuovo padrone di Comixology è a dir poco deludente. Le app su Iphone e Ipad non permettono più di comprare direttamente, sono diventati semplici lettori di materiale che deve essere scaricato dall'account di Comixology su sito. Anche per gli Android c'è qualche difficoltà in più Google play non è più utilizzabile, ma gli acquisti in app sono possibili
Circa il 20% di tutti i telefonini usano il sistema Ios, se si aggiungono gli ipad è facile stimare che almeno un terzo degli acquisti di comic digitali arrivavano dai canali ora chiusi. Tutto gira intorno al numero 30. Infatti la Apple teneva il 30% dei ricavi realizzati in- app. La scommessa dei manager di Amazon si rivelerà vincente solo se in questa migrazione forzata meno di un terzo di questi clienti non si perderà per strada.
Ma anche in quel caso non ci sarebbe niente di cui gioire. L'esperienza dei comics digitali diventa più farraginosa e questo avrà un impatto sulle vendite. Quanti di noi appena finito di leggere un albo, sono passati direttamente allo store per fare qualche acquisto d'impulso, magari il numero successivo nella storyline uscito su una collana diversa? Quanti hanno sfruttato le megasvendite che durano 48 ore?
Tutto questo sarà quasi impossibile, di certo bisognerà passare dal sito, pagare (mentre apple store non chiede ogni volta di reinserire la carta di credito) e poi di nuovo scaricare sull'Ipad. Ogni passaggio sarà un'occasione per ripensarci e lasciar perdere.
Amazon dovrebbe saperlo bene: l'intero sito e tutte le sue procedure e postacquisto sono congegnate in modo da massimizzare il numero di oggetti per momento di acquisto (e quindi vai con recensioni, suggerimenti, liste dei desideri e sconti in bundle, prodotti collegati etc)
Strano che il nuovo acquisto Comixology diventi il banco di prova di una politica opposta, che risulterà ancora più odiosa agli occhi di utenti ormai abituati ad un livello di servizio molto migliore
Per quanto mi riguarda, bloccherò ogni acquisto per qualche mese, tempo "necessario" a riprendermi dalla fatica di dover eliminare la vecchia app, scaricare la nuova e recuperare, tra gli oltre 700 albi acquistati (tutti dallo store di Apple :-PP) quelli ancora da leggere. Operazione che mi fatto perdere un'oretta e che di certo dovrà essere rifatta nei prossimi giorni causa errori.
Gerry Conway, storico sceneggiatore di Spiderman, ha scritto sul suo blog che la storia del 30% non c'entra niente, perchè come distributore Amazon impone la stessa quota di Apple. La scelta deriverebbe dalla volonta del patron Jeff Bezos di spingere le vendite di Kindle rispetto agli iPad. Anche questa teoria ha dei punti deboli visto che dai bilanci di Amazon emerge chiaro che l'hardware kindle è venduto in perdita per aumentare le vendite di contenuti dallo store, cioè libri e fumetti.
Quale che sia la motivazione vera, il più bel negozio di fumetti del mondo ha chiuso un po' troppe vetrine e perso parecchie luci. Spero in un ripensamento
lunedì 28 aprile 2014
lunedì 14 aprile 2014
Comixology diventa grande
Ma naturalmente l’attenzione è tutta concentrata sugli effetti per il nostro piccolo mondo di uomini in calzamaglia e mondi paralleli. Il successo di Comixology è frutto di una tecnologia che funziona (personalmente ho più di mille comics comprati in circa tre anni e mai sperimentato un solo problema tecnico), una politica di prezzi molto aggressiva e un catalogo sterminato.
Solo la prima caratteristica è merito della società . Le altre due sono invece figlie delle politiche degli editori che, quasi all’unisono e senza ripensamenti, hanno deciso di spingere le vendite delle versioni digitali dei loro fumetti: uscite in contemporanea, edizioni “only digital” e clamorose vendite in saldo di materiale d’archivio. Pensate che rivoluzione l'accesso immediato a 99 centesimi per comic book si vendevano a decine (se non centinaia) di dollari nei negozi o nelle aste on line. Senza contare il tempo risparmiato nella ricerca di tutti i numeri di una miniserie o delle prime opere di un disegnatore, senza temere che diventino irreperibili.
I miei datori di lavoro, gli editori di giornali, continuano a chiedersi da un decennio quanto investire su Internet e quanto la rete “cannibalizzi” il prodotto cartaceo. Nessuno di loro ha prodotto un modello credibile, e il settore non brilla per collaborazione e scelte condivise. Invece nel loro piccolo i comics publisher hanno scelto una piattaforma unitaria e investito pesantemente su di essa. Il loro segreto? Coraggio e calcolo.
Il fatto che Comixology fosse un’emanazione del distributore principale per le fumetterie, la Diamonds, ha fatto sì che tutti si sentissero garantiti. Gli editori non temevano che il distributore li schiacciasse forte di un equilibrio consolidato sulle distribuzioni cartacee. Le fumetterie hanno, seppur con qualche remora, confidato che il venditore digitale non avrebbe penalizzato la principale fonte di ricavo di Diamonds che rimane la distribuzione tradizionale.
Ha funzionato, Comixology vale poco meno del 20% delle vendite mensili, in una torta che è cresciuta in questi anni. Pur senza dati ufficiali e certificati, gli addetti del settore sottolineano che le vendite internazionali e quelle in aree poco servite dalla rete delle fumetterie a godere del servizio digitale. In pratica la sovrapposizione sarebbe minima e tutti sono contenti.
Con l’avvento di Amazon però le fumetterie hanno capito di doversi preoccupare un po’ di più visto che il nuovo padrone ha interesse a vendere solo on line e ha già con successo decimato le librerie tradizionali. D'altrocanto le fumetterie da tempo si stanno emancipando dalla vendita dei comic book (affare rischiosissimo per via dei margini risicati e della difficoltà di ordinare sempre la quantità giusta di ogni testata). Action figures, magliette, videogames, edizioni di lusso, poster. Le iniziative che tengono unita la comunità locale dei fumettari stanno diventando il vero motivo di esistenza dei negozi. Amazon ci sta facendo fare un passo in più verso un mondo in cui i fumetti ce li scaricheremo sull'Ipad e poi ne andremo a parlare di persona in fumetteria. Cioè l'esatto contrario del mondo attuale, non necessariamente peggiore
mercoledì 9 aprile 2014
Onda lunga Image, un premio per chi cambia rotta
Gli ultimi dati sulle vendite dei comics nel mese di marzo, segnano un paio di novità interessanti. Image non solo si conferma la terza forza del mercato, ma fa il miglior risultato da 15 anni a questa parte. Dati ancor più lusinghieri se si pensa che "Big I" domina nei paperback grazie a titoli come Walking Dead e Saga. In cinque anni ha praticamente raddoppiato il peso in una torta che peraltro è cresciuta
Il mercato Usa sembra entrato in una fase di ripiegamento molto importante, è probabile che si ripeta, su numeri più alti, il ciclo del decennio scorso. Lo sforzo produttivo, creativo e di marketing degli ultimi tre anni (I film Marvel, il reboot dell'universo Dc) hanno in qualche modo testato i limiti strutturali del mondo delle fumetterie americane e aperto nel miglior modo il mercato digitale. Ora inevitabilemente si tira il fiato. Molto è stato costruito: oltre all'ottima salute delle due grandi editrici, un gruppetto di aziende medie hanno costruito delle realtà solide. Dark Horse, Dinamite, Idw sono in grado di prendersi licenze importanti e coinvolgere autori di primo piano. Sono alternative vere e aumentano la quantità complessiva di creatività "in circolo". Un salto di qualità che ha rivoluzionato il fronte delle entrate prodotto dalle trasposizioni cinematografiche e televisive. La crescita esponenziale di "esportazioni" dal fumetto agli altri media e meno importante del fatto che Marvel, Dc e le altre siano nella parte alta della catena di produzione tenendo il pieno controllo dei progetti (fIlm, videogiochi e serie tv).
Proprio in questo senso il premio all'Image da parte dei lettori è anche poco rispetto al valore del suo ruolo nell'industria. Eric Stephenson è considerato il miglior editor del settore, nella sua gestione dal 2008 ha dimostrato di avere senso degli affari e sensibilità artistica, uno in grado di lasciare un segno, quasi ai livelli di Karen Berger. Ha un roster di autori/disegnatori paragonabile a quello delle due megapotenze. Paga meno e vende meno, ma permette agli autori maggiore libertà e totale controllo sulle loro creazioni, così non solo è un'ottima rampa di lancio per artisti che si vogliono mettere in mostra (Bendis, Kirkman, Hickman, Fraction) per citare solo l'ultimissima infornata, ma è anche un punto di riferimento per quelli che si vogliono prendere una pausa dagli obblighi derivanti dalla fama raggiunta (millar, J. Michael Straczynski, Vaughan). Un'opera di rigenerazione dello stock di talento complessivo che nessuno è in grado di replicare come dimostra la distruzione della Homage perpetrata dalla Dc e il vivacchiare della Icon da parte della Marvel, cioè le etichette che dovrebbero togliere spazio alla Image.
Difficile dire perché la Image, nonostante le mille vicissitudini, sia riuscita dove gli altri hanno fallito. Li seguo dall'inizio e la mia opinione è che c'è una sorta di dna originario che si è affinato nel corso degli anni in una strana eterogenesi dei fini. Quando i fondatori Jim Lee, Todd Mcfarlane, Jim Valentino, Erick Larsen, Rob Liebfield e Whilce Portacio lasciarono la Marvel pensavano a se stessi come degli imprenditori in grado di ripercorrere le orme di Stan Lee. Fallendo però hanno costruito qualcosa di meglio. Volevano nelle loro tasche una quota maggiore dei profitti generati dalla loro creazione e si ribellarono ai contratti capestro della Marvel. E' probabilmente vera l'accusa che la loro fu una fuga dettata più dall'avidità che dalla voglia di libertà espressiva, ma erano e restano dei disegnatori di fumetti e l'idea di sfruttamento commerciale che può avere un artista (più o meno dotato) sarà sempre più rispettosa della materia prima ( i fumetti) di quella di un qualsiasi manager.
Infatti la storia delle Big two è piena di scelte sbagliate e strategie folli proprio nel momento in cui gli affari vanno male o i lettori perdono interesse. Le grandi aziende sanno che a volte una rapida strada verso la liquidazione è il miglior modo per superare una crisi. Alla Image, naufragati i sogni di gloria, da una decina di anni si sono rimessi a fare fumetti, provando molto, sfruttando quello che vende e sapendo che bisogna contemporaneamente cercare già il fenomeno successivo. Funziona, per loro e per altri.
Il mercato Usa sembra entrato in una fase di ripiegamento molto importante, è probabile che si ripeta, su numeri più alti, il ciclo del decennio scorso. Lo sforzo produttivo, creativo e di marketing degli ultimi tre anni (I film Marvel, il reboot dell'universo Dc) hanno in qualche modo testato i limiti strutturali del mondo delle fumetterie americane e aperto nel miglior modo il mercato digitale. Ora inevitabilemente si tira il fiato. Molto è stato costruito: oltre all'ottima salute delle due grandi editrici, un gruppetto di aziende medie hanno costruito delle realtà solide. Dark Horse, Dinamite, Idw sono in grado di prendersi licenze importanti e coinvolgere autori di primo piano. Sono alternative vere e aumentano la quantità complessiva di creatività "in circolo". Un salto di qualità che ha rivoluzionato il fronte delle entrate prodotto dalle trasposizioni cinematografiche e televisive. La crescita esponenziale di "esportazioni" dal fumetto agli altri media e meno importante del fatto che Marvel, Dc e le altre siano nella parte alta della catena di produzione tenendo il pieno controllo dei progetti (fIlm, videogiochi e serie tv).
Proprio in questo senso il premio all'Image da parte dei lettori è anche poco rispetto al valore del suo ruolo nell'industria. Eric Stephenson è considerato il miglior editor del settore, nella sua gestione dal 2008 ha dimostrato di avere senso degli affari e sensibilità artistica, uno in grado di lasciare un segno, quasi ai livelli di Karen Berger. Ha un roster di autori/disegnatori paragonabile a quello delle due megapotenze. Paga meno e vende meno, ma permette agli autori maggiore libertà e totale controllo sulle loro creazioni, così non solo è un'ottima rampa di lancio per artisti che si vogliono mettere in mostra (Bendis, Kirkman, Hickman, Fraction) per citare solo l'ultimissima infornata, ma è anche un punto di riferimento per quelli che si vogliono prendere una pausa dagli obblighi derivanti dalla fama raggiunta (millar, J. Michael Straczynski, Vaughan). Un'opera di rigenerazione dello stock di talento complessivo che nessuno è in grado di replicare come dimostra la distruzione della Homage perpetrata dalla Dc e il vivacchiare della Icon da parte della Marvel, cioè le etichette che dovrebbero togliere spazio alla Image.
Difficile dire perché la Image, nonostante le mille vicissitudini, sia riuscita dove gli altri hanno fallito. Li seguo dall'inizio e la mia opinione è che c'è una sorta di dna originario che si è affinato nel corso degli anni in una strana eterogenesi dei fini. Quando i fondatori Jim Lee, Todd Mcfarlane, Jim Valentino, Erick Larsen, Rob Liebfield e Whilce Portacio lasciarono la Marvel pensavano a se stessi come degli imprenditori in grado di ripercorrere le orme di Stan Lee. Fallendo però hanno costruito qualcosa di meglio. Volevano nelle loro tasche una quota maggiore dei profitti generati dalla loro creazione e si ribellarono ai contratti capestro della Marvel. E' probabilmente vera l'accusa che la loro fu una fuga dettata più dall'avidità che dalla voglia di libertà espressiva, ma erano e restano dei disegnatori di fumetti e l'idea di sfruttamento commerciale che può avere un artista (più o meno dotato) sarà sempre più rispettosa della materia prima ( i fumetti) di quella di un qualsiasi manager.
Infatti la storia delle Big two è piena di scelte sbagliate e strategie folli proprio nel momento in cui gli affari vanno male o i lettori perdono interesse. Le grandi aziende sanno che a volte una rapida strada verso la liquidazione è il miglior modo per superare una crisi. Alla Image, naufragati i sogni di gloria, da una decina di anni si sono rimessi a fare fumetti, provando molto, sfruttando quello che vende e sapendo che bisogna contemporaneamente cercare già il fenomeno successivo. Funziona, per loro e per altri.
J. Michael Straczynski
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