Il mercato Usa sembra entrato in una fase di ripiegamento molto importante, è probabile che si ripeta, su numeri più alti, il ciclo del decennio scorso. Lo sforzo produttivo, creativo e di marketing degli ultimi tre anni (I film Marvel, il reboot dell'universo Dc) hanno in qualche modo testato i limiti strutturali del mondo delle fumetterie americane e aperto nel miglior modo il mercato digitale. Ora inevitabilemente si tira il fiato. Molto è stato costruito: oltre all'ottima salute delle due grandi editrici, un gruppetto di aziende medie hanno costruito delle realtà solide. Dark Horse, Dinamite, Idw sono in grado di prendersi licenze importanti e coinvolgere autori di primo piano. Sono alternative vere e aumentano la quantità complessiva di creatività "in circolo". Un salto di qualità che ha rivoluzionato il fronte delle entrate prodotto dalle trasposizioni cinematografiche e televisive. La crescita esponenziale di "esportazioni" dal fumetto agli altri media e meno importante del fatto che Marvel, Dc e le altre siano nella parte alta della catena di produzione tenendo il pieno controllo dei progetti (fIlm, videogiochi e serie tv).
Proprio in questo senso il premio all'Image da parte dei lettori è anche poco rispetto al valore del suo ruolo nell'industria. Eric Stephenson è considerato il miglior editor del settore, nella sua gestione dal 2008 ha dimostrato di avere senso degli affari e sensibilità artistica, uno in grado di lasciare un segno, quasi ai livelli di Karen Berger. Ha un roster di autori/disegnatori paragonabile a quello delle due megapotenze. Paga meno e vende meno, ma permette agli autori maggiore libertà e totale controllo sulle loro creazioni, così non solo è un'ottima rampa di lancio per artisti che si vogliono mettere in mostra (Bendis, Kirkman, Hickman, Fraction) per citare solo l'ultimissima infornata, ma è anche un punto di riferimento per quelli che si vogliono prendere una pausa dagli obblighi derivanti dalla fama raggiunta (millar, J. Michael Straczynski, Vaughan). Un'opera di rigenerazione dello stock di talento complessivo che nessuno è in grado di replicare come dimostra la distruzione della Homage perpetrata dalla Dc e il vivacchiare della Icon da parte della Marvel, cioè le etichette che dovrebbero togliere spazio alla Image.
Difficile dire perché la Image, nonostante le mille vicissitudini, sia riuscita dove gli altri hanno fallito. Li seguo dall'inizio e la mia opinione è che c'è una sorta di dna originario che si è affinato nel corso degli anni in una strana eterogenesi dei fini. Quando i fondatori Jim Lee, Todd Mcfarlane, Jim Valentino, Erick Larsen, Rob Liebfield e Whilce Portacio lasciarono la Marvel pensavano a se stessi come degli imprenditori in grado di ripercorrere le orme di Stan Lee. Fallendo però hanno costruito qualcosa di meglio. Volevano nelle loro tasche una quota maggiore dei profitti generati dalla loro creazione e si ribellarono ai contratti capestro della Marvel. E' probabilmente vera l'accusa che la loro fu una fuga dettata più dall'avidità che dalla voglia di libertà espressiva, ma erano e restano dei disegnatori di fumetti e l'idea di sfruttamento commerciale che può avere un artista (più o meno dotato) sarà sempre più rispettosa della materia prima ( i fumetti) di quella di un qualsiasi manager.
Infatti la storia delle Big two è piena di scelte sbagliate e strategie folli proprio nel momento in cui gli affari vanno male o i lettori perdono interesse. Le grandi aziende sanno che a volte una rapida strada verso la liquidazione è il miglior modo per superare una crisi. Alla Image, naufragati i sogni di gloria, da una decina di anni si sono rimessi a fare fumetti, provando molto, sfruttando quello che vende e sapendo che bisogna contemporaneamente cercare già il fenomeno successivo. Funziona, per loro e per altri.
J. Michael Straczynski
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. Michael Straczynski
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