martedì 7 aprile 2015

Letture di marzo 1 - Uno zombie solo al comando

The Walking Dead 106-134 Image Comics

La fine della sesta stagione della serie Tv mi ha spinto a recuperare oltre due anni di numeri del fumetto. Ma prima di parlare di trama, di disegni, di pubblico e del perché il fumetto sia molto meglio della serializzazione, vorrei parlare di numeri.
Nata come una piccola serie indipendente, the Walking Dead esce ininterrottamente da oltre dieci anni con regolare cadenza mensile e, tranne la primissima parte, sempre con la stessa squadra creativa composta dallo scrittore Robert Kirkman e Charlie Adard. Quasi un miracolo che per realizzarsi ha bisogno di un'organizzazione ferrea, ma molto raccolta (un editor e un inchiostratore sono gli altri elementi indispensabili di questa squadra).
The Walking dead 1 vendette nel mese di debutto poco più di 7 mila copie, il n. 100 oltre 353 mila. Un successo costruito esclusivamente sulla solidità della storia, sulla professionalità e la qualità del comic book mensilmente consegnato al lettore. Il bianco e nero non permette grandi voli estetici? Un'azione costante e una trama fittissima non lasciano molto tempo a rimirare i paesaggi. Il segno di Adlard evolve lentamente senza stupire? Ecco che la cura dei volti e delle fisionomie, invecchiati con attenzione e su cui si accumulano i segni di tante battaglie, restituisce immediatamente la lunghezza del percorso fatto

Poi è arrivata la televisione. Un adattamento ottenuto non certo per le vendite eccezionali (intorno ai 20 mila al mese al momento del debutto in tv negli Usa). Secondo me la scelta dello showrunner Frank Darabont e del neltwork Amc è caduta su Twd proprio per la sua scarsa connessione con il comic supereroistico/avventuroso che tutti conosciamo. Nessuna complicata continuity, niente superpoteri e pochissimi riferimenti "cross o meta fumettistici" che tanto piacciono a noi fan, ma sono oscuri alle persone normali. Di contro Kirkman assicurava tanto buon materiale filmabile a basso budget e dalle forti rimembranze cinematografiche (pellicole su zombie, ma anche sopravvissuti e post-olocausto)

Il successo è stato superiore ad ogni aspettativa. Tanto che non solo ogni stagione apre battendo il suo stesso record di ascolti, ma addirittura la domenica sera TWD quest'anno ha fatto meglio di una cosetta come la partita di football americano trasmessa in diretta i cui diritti di trasmissione costano ai grandi network circa  2 miliardi di dollari l'anno

Sarebbe umano che Kirkman mettesse il suo piccolo fumettino "al servizio" della miniera d'oro della televisione. Cercando di portare su carta temi e momenti che funzionano in Tv, inseguendo il pubblico che non frequenta il mezzo ma la moda, proponendo ad esempio fumetti a colori, tie in, romanzi, speciali. Tutte strade percorse, ma con moltissima parsimonia e molto meno di tante franchise di ben minore successo.

Kirkman realizza su numeri mai visti prima proprio il sogno della Image e dei suoi fondatori: idee che si trasformano in macchine da soldi sfruttando ogni opportunità di commercializzazione ma rimanendo nel pieno controllo creativo dei suoi ideatori.

Proprio per questo il fumetto rimane ben distinto e mediamente migliore. Anche se gli eventi sono abbastanza sovrapponibili, in televisione il centro dell'azione è cosa dicono/fanno/ diventano un gruppo di personaggi stabili. Nel fumetto tutto è più corale, perfino Rick, il protagonista è diventato nel corso nei numeri consapevole che la sua vita è parte di una vicenda più grande che si  può riassumere in questa domanda "Come si ricostruisce la società degli uomini?"

Quasi a marcare questa diversità "Il ciclo all out war" è nato secondo me, con l'idea di spingere le cose dove la televisione non potrà mai arrivare. Il cattivo Negan, che all'inizio è stato criticato dai fan per essere una copia del governatore, è riuscito a sfuggire ad ogni confronto con altri personaggi carimastici dentro e fuori la serie. Il suo turpiloquio insistito, la convinzione che la società debba funzionare con il mutuo aiuto di tutti, ma al contempo sotto il suo arbitrio psicopatico, lo rende una macchietta solo al primo sguardo. Poi a ben pensarci il suo modello è quello di tanti dittatorelli sanguinari che abbiamo visto prosperare negli ultimi due secoli specie nei paesi "giovani" di Africa e Asia.
La tensione creata è altissima, Negan non è un avversario che basta eliminare, va battuto su tutta la linea. Non ci si ferma al confronto morale buoni/cattivi, ma qui si gioca sul piano etico:democrazia contro autocrazia. E la conclusione, forse non riuscitissima, cerca di non ridurre tutto ad un duello da western.

Il risultato è talmente accattivante che negli otto numeri successivi sembra non succedere nulla, è la prima vera crisi di crescita dopo dodici anni di climax ininterrotto, di colpo appare riduttivo tornare a concentrarsi sulle vicende di Rick, ormai affermato e acciaccato leader, e suo figlio.
Ma Kirkman sembra già avere in mente una svolta imprevista

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