martedì 19 maggio 2015

Vestiti a festa per Chuck

In un periodo di poco tempo per letture piacevoli, davvero rinfrescante questa intervista di Bendis a Chuck Palahniuk sul seguito di Fight Club in uscita per Dark Horse
la trovate tradotta su Bad Comics
http://www.badcomics.it/2015/05/fight-club-2-brian-bendis-intervista-chuck-palahniuk/61276/

Palahniuk è un autore generazionale, forse in declino, ma è ugualmente un evento meraviglioso che abbia scelto di fare una graphic novel per il seguito della sua opera più famosa.
Bendis lo dice bene, le immagini possono aggiungere qualcosa al suo modo di scrivere. Inoltre l'interesse e l'attivismo per il progetto mostrato da persone del livello di David Mack e dello stesso Bendis è indicativo. C'è un gruppo di autori che ha un peso nelle politiche editoriali di Marvel, Dc, Image e company che ha deciso di fare del vecchio Chuck un uomo copertina per l'intero movimento. Un po' come nel calcio quando i campionati emergenti puntano su campioni in declino (Zico in Giappone, Beckham negli USA) per ottenere visibilità in contesti diversi dal solito. Una soluzione "di sistema" che dovrebbe avvicinare fumetto mainstream e letteratura (o più banalmente industria libraria). Marketing nel senso migliore del termine

Eppure sono convinto che sarà un fumetto, se non bello, almeno "degno" delle attenzioni che sta suscitando. Come Bendis anch'io negli anni 90 leggendo Palahniuk mi chiedevo "quanto sarebbe bello se scrivesse anche fumetti?". Sto per scoprirlo.

lunedì 20 aprile 2015

Anche in tv ci sarà la seconda stagione di Orfani

Direttamente da Cartoons on the bay Armando Traverso ha lasciato intendere che anche Ringo potrebbe avvere il trattamento "motion comic" e tornare su Rai 4. Ho visto qualche puntata del "fumetto in Tv" di Orfani e devo dire che il risultato era quasi meglio dell'originale che su carta spegneva un po' i colori e aveva qualche debolezza di trama, che invece si sposava bene con i tempi più sincopati della narrazione televisiva
Il regista della prima stagione ne è convinto anzi, in questa intervista all'AdnKronos, si lancia nell'idea di portare anche Tex o Dylan Dog sul piccolo schermo (Mater Morbi a colori non starebbe male, con quelle scenografie deformate e allucinate, così Recchioni è contento).
Interessante anche la disanima generale di Traverso che bazzica la Tv da 30 anni e ha sempre tentato di avvicinare il grande pubblico ai fumetti (con i radiodrammi sui titoli Bonelli ad esempio). Ecco le sue parole:

In Italia il fumetto ha sempre avuto difficoltà a essere riconosciuto come un arte e un mezzo di comunicazione vero e proprio. Ha ancora difficoltà a vedergli riconosciuta la cittadinanza che gli spetterebbe. Noto comunque un'incoraggiante inversione di tendenza per quanto riguarda il fumetto, come dimostra ad esempio Zerocalcare candidato al Premio Strega 2015. Ricordo quando qualche anno fa Sergio Bonelli mi diceva schernendosi un po' che temeva di dover gestire un lento ma inesorabile declino del fumetto. Invece oggi si dovrebbe ricredere perché gode di ottima salute. La stessa Bonelli sta pubblicando cose straordinarie, che si è dotata di un ufficio che gestisce le property e i character per lo sfruttamento dei media assomigliando sempre di più alla Marvel

lunedì 13 aprile 2015

Letture di marzo 3 - Japanzi +1

C'erano Gesù e Budda alla fioritura dei ciliegi
Saint Young man 1

Piccolo gioiello. Gesù e Budda decidono di prendersi una vacanza e si trasferiscono a Tokyo dividendo un piccolo appartamento.Sembra l'inzio di una barzelletta, ed in parte lo è, visto che questo manga è praticamente una sit com, un trovata che può suonare irriverente per gli animi più devoti, ma anche a costoro direi di provare a leggerlo. E' talmente leggero, garbato, quasi affettuoso nel raccontare la vita di questi due "poveri cristi" (scusate, non potevo esimermi). In questo caso le caratteristiche così universalmente conosciute delle due divinità è usata come base per fare dell'umorismo. Funziona, almeno per il primo numero. La cosa che mi ha colpito di più è la distanza con il nostro modo di parodiare la religione cattolica dove prevale il livore alla voglia di far ridere. 

I tempi (andati) di Adachi
Nine 4 Arcobaleno di spezie 6

Ho passato gran parte della mia giovinezza Internet (il gruppo usenet It.arti.cartoni) a litigare su Adachi. Io ero uno dei pochi a difenderlo, con me anche Mattia Dal Corno, oggi valente redattore alla Panini. Gli altri lo accusavano di trame ripetitive, personaggi tutti uguali tanto da rendere impossibille distinguerli all'interno della stessa storia. Allora avevo più tempo libero, più "sacro fuoco", ma dietro l'opera di evangelizzazione al verbo Adaciano c'era un interesse diretto: far risalire vendite scarse era l'unico modo per leggere altre storie. Non andò benissimo, infatti la Star comics ad un certo punto ha lasciato spazio ad altri. Oggi escono talmente tanti titoli che lo zoccolo duro dei fan di Adachi è quasi una sicurezza rispetto alle tirature medie degli altri
Dopo anni ho capito che tutti i difetti del suo stile non c'entrano nulla con il disegno in senso stretto. Adachi ha tempi di lettura unici: quanto fermarsi sulla vignetta, la velocità di passaggio sulle tavole è diversa dagli altri autori. La sua maestria impareggiabil e proprio nel dilatare e comprimere "i tempi drammatici" .
Se si entra in quella giusta sintonia è pura arte invisibile. Come dice Scott Mccloud la magia si compie nella tua testa e nello spazio bianco tra le vignette.E vi posso assicurare che è Arte nel senso di via all'illuminazione.
A me sembrava tutto così ovvio e automatico, finché con il passare degli anni e dei titoli anch'io mi son trovato a scorrere le pagine troppo frettolosamente, a saltare numeri e dimenticare eventi. Adachi ha perso po' di tocco o io ho perso un po' di capacità di lasciarmi incantare.
Non ho parlato dei titoli, ma avrò modo di tornarci. Due pensieri veloci: in Nine è ancora troppo immaturo, non si differenzia abbastanza con tanti altri manga sentimental/sportivi . Arcobaleno di spezie invece cresce numero dopo numero, potrebbe conquistare un giovane lettore che non ha mai incontrato il Maestro, almeno sul fronte dell'umorismo.

Senza età
Oh mia dea 47- Uchu Kyodai 21

Uno sfigato con una vita da sfigato stravolta da una ragazza bellissima, dolcissima e spesso con poteri soprannaturali.  E' stata una formula del sicuro manga di successo per almeno un ventennio (Lamu, 3x3 occhi, Video Girl Ai, Tenchi Muyo.....) non ci stancavamo mai di quegli occhioni e di quell'esercito di ragazze strambe. Oh mia dea mantiene l'incantesimo abbastanza intatto e anzi la prevedibilità all'interno di qualche piccola variazione è proprio il segreto del suo successo.
Fratelli nello Spazio ha persino perso quella tensione iniziale in cui tutti ci aspettavamo una forma di confronto finale/riunione tra Mutta e Hibito rispetto alle loro ambizioni di astronauti, però non annoia e rimane secondo me in quella "zona aurea" in cui piace anche in assenza di grandi eventi

J.J. Urasawa 
Master keaton 7 -Billy bat 10
Visto che  giace in libreria un congruo numero di densissimi Keaton in libreria rimando ad aprile per le conclusioni, mentre Billy Bat ha semplicemente superato il numero massimo di colpi scena sopportabili. Ormai è come Lost, oltre ogni della logica. Si scoprirà che era tutto un sogno del pipistrello

Ancora tu...
Claymore 25-Detective Conan 80
Questi non li leggo neanche più. Claymore l'ho iniziato semplicemente per mancanza (in quel momento) di titoli fantasy da affiancare a Berserk. L'idea delle guerriere catalogate in una classifica (tipo Atp/Wta nel tennis) mi ha irritato non poco. Negli ultimi numeri la protagonista si vede a malapena. Alla fine l'ho trascinato tra qualche bella sottotrama e i mostri in stile Giger sempre belli da vedere.
Detective Conan è meno credibile di Topolino, il ragazzino è peggio di un incrocio tra un gatto nero e la signora in giallo, dove passa ci scappa il morto (di solito in una stanza chiusa dall'esterno). Ormai tifo apertamente per gli uomini in nero, di certo hanno meno vittime sulla coscienza

Tamarro e più tamarro
Battle royale 1-2-3

Fumetto cult che ha creato un piccolo genere, quello delle classi/scuole che si trasformano in un gioco al massacro. Al tempo lo snobbai, per la qualità dei disegni decisamente non all'altezza. Lo recuperano pensando che fosse un lavoro "seminale" per capire questi autori del xxi secolo e perché soluzioni tanto claustrofobiche (oltre alla "classi assassine" pensate solo a Gantz) piacciano tanto. Brancolo nel buio, rimane un fumetto disegnato male, la scelta di stravolgere le fisionomie per rendere le situazion più drammatiche e grottesche stanca dopo 10 pagine. Dopo 3 volumi siamo ancora alla presentazione dei personaggi e la metà di quelli presentati sono già morti. Scene di sesso come riempitivo.
Bah...Ho comprato tutta la serie in blocco in una svendita, non è che la prossima vittima sarà la mia pazienza?


Alan ford 72/1
Serialità vecchia scuola: se un gruppo di personaggi funziona spremilo fino all'esaurimento. Piccole variazioni nelle storie in questo volume e nessun innesto di grande valore.

giovedì 9 aprile 2015

Letture di marzo 2 - Altri americani, altri zombie

Il bambino e l'acqua sporca
Miracleman 11-16 edizione omnibus

Si conclude l'utopia supereroistica di Alan Moore mostrandoci le estreme conseguenze di affidare a superuomini la difesa dell'umanità. La miracle family e i loro alleati ultradimensionali prendono il potere, sostituiscono i corrotti e spietati governanti del mondo, ci liberano dal rischio di una guerra nucleare. Il prezzo è la totale perdita dell'umanità, intesa come imperfezione, inclinazione alle passioni e alla violenza. E quello che non si capisce se Alan Moore scelga questo epilogo per indicare un pericolo o una soluzione. Tanto più che l'offerta di "disumanizzazione" appare tanto più allettante dopo un olocausto provocato dagli stessi supereroi, concluso con una scena d'infanticidio d'impatto devastante. L'umanità è solo una razza inferiore da elevare o è un patrimonio unico nell'universo? La risposta non è netta, anche se la sensazione che rimane chiudendo il libro è che non sia un lieto fine.
Ma d'altronde nessuna recensione potrà mai contenere o illustrare tutto quello che Moore è in grado di infilare in un fumetto. Leggetelo, sapendo che non sarà una traversata né breve e né facile.

Deja vu
I zombie volume 1 image comics

Mike Allred è il disegnatore più amato dai disegnatori, quel suo stile finto retrò faceva impazzire tutti sin dai primi anni 90. Il culto per il personaggio Mad Man è stata una forma hipsterismo ante litteram (insieme al Ghost World di Clowes).
Lo ritroviamo dopo dieci anni passati in progetti vari sia per Marvel e Dc il cui unico appeal era "chissà come sarebbe (inserire Catwoman/wolverine/Daredevil) disegnato da Allred".  Eccolo che torna su una storia lunga (siamo ai 30 numeri). La sceneggiatura è di Chris Roberson (forse lo avete letto nello spin off di Fables Cinderella). La storia sfrutta a pieno le influenze pop dei disegni di Allred e racconta la storia di un gruppo di amici (lei zombie, lui uomo lupo, l'altra fantasma) alle prese con vari misteri dalle tinte horror/umoristiche. Tutto sembra già visto, tra i riferimenti alti (Rocky Horror e Un lupo mannaro americano a Londra) e ben più bassi (Being Human, Girls). Alla fine lo compri solo per i disegni di Allred.

Deadpool vol 1

Non essendo un vero Marvel fan, non ho mai sentito il bisogno di leggere Deadpool, usato per parodiare gli aspetti più seriosi o impresentabili della continuity dei suoi colleghi supereroi
Mi ha conquistato l'idea di un invasione di presidenti degli Stati Uniti morti e tornati per "ricostruire" l'America. Tanta ironia sulla società Usa non scontata, dove non si ride almeno si sorride e il mercenario canadese si è meritato almeno un secondo giro 

mercoledì 8 aprile 2015

Intermezzo (gattini + studio ghibli)

Ecco perché stata inventata internet. Altrimenti lo spot dello Studio Ghibli lo avremmo visto tra sei mesi

martedì 7 aprile 2015

Letture di marzo 1 - Uno zombie solo al comando

The Walking Dead 106-134 Image Comics

La fine della sesta stagione della serie Tv mi ha spinto a recuperare oltre due anni di numeri del fumetto. Ma prima di parlare di trama, di disegni, di pubblico e del perché il fumetto sia molto meglio della serializzazione, vorrei parlare di numeri.
Nata come una piccola serie indipendente, the Walking Dead esce ininterrottamente da oltre dieci anni con regolare cadenza mensile e, tranne la primissima parte, sempre con la stessa squadra creativa composta dallo scrittore Robert Kirkman e Charlie Adard. Quasi un miracolo che per realizzarsi ha bisogno di un'organizzazione ferrea, ma molto raccolta (un editor e un inchiostratore sono gli altri elementi indispensabili di questa squadra).
The Walking dead 1 vendette nel mese di debutto poco più di 7 mila copie, il n. 100 oltre 353 mila. Un successo costruito esclusivamente sulla solidità della storia, sulla professionalità e la qualità del comic book mensilmente consegnato al lettore. Il bianco e nero non permette grandi voli estetici? Un'azione costante e una trama fittissima non lasciano molto tempo a rimirare i paesaggi. Il segno di Adlard evolve lentamente senza stupire? Ecco che la cura dei volti e delle fisionomie, invecchiati con attenzione e su cui si accumulano i segni di tante battaglie, restituisce immediatamente la lunghezza del percorso fatto

Poi è arrivata la televisione. Un adattamento ottenuto non certo per le vendite eccezionali (intorno ai 20 mila al mese al momento del debutto in tv negli Usa). Secondo me la scelta dello showrunner Frank Darabont e del neltwork Amc è caduta su Twd proprio per la sua scarsa connessione con il comic supereroistico/avventuroso che tutti conosciamo. Nessuna complicata continuity, niente superpoteri e pochissimi riferimenti "cross o meta fumettistici" che tanto piacciono a noi fan, ma sono oscuri alle persone normali. Di contro Kirkman assicurava tanto buon materiale filmabile a basso budget e dalle forti rimembranze cinematografiche (pellicole su zombie, ma anche sopravvissuti e post-olocausto)

Il successo è stato superiore ad ogni aspettativa. Tanto che non solo ogni stagione apre battendo il suo stesso record di ascolti, ma addirittura la domenica sera TWD quest'anno ha fatto meglio di una cosetta come la partita di football americano trasmessa in diretta i cui diritti di trasmissione costano ai grandi network circa  2 miliardi di dollari l'anno

Sarebbe umano che Kirkman mettesse il suo piccolo fumettino "al servizio" della miniera d'oro della televisione. Cercando di portare su carta temi e momenti che funzionano in Tv, inseguendo il pubblico che non frequenta il mezzo ma la moda, proponendo ad esempio fumetti a colori, tie in, romanzi, speciali. Tutte strade percorse, ma con moltissima parsimonia e molto meno di tante franchise di ben minore successo.

Kirkman realizza su numeri mai visti prima proprio il sogno della Image e dei suoi fondatori: idee che si trasformano in macchine da soldi sfruttando ogni opportunità di commercializzazione ma rimanendo nel pieno controllo creativo dei suoi ideatori.

Proprio per questo il fumetto rimane ben distinto e mediamente migliore. Anche se gli eventi sono abbastanza sovrapponibili, in televisione il centro dell'azione è cosa dicono/fanno/ diventano un gruppo di personaggi stabili. Nel fumetto tutto è più corale, perfino Rick, il protagonista è diventato nel corso nei numeri consapevole che la sua vita è parte di una vicenda più grande che si  può riassumere in questa domanda "Come si ricostruisce la società degli uomini?"

Quasi a marcare questa diversità "Il ciclo all out war" è nato secondo me, con l'idea di spingere le cose dove la televisione non potrà mai arrivare. Il cattivo Negan, che all'inizio è stato criticato dai fan per essere una copia del governatore, è riuscito a sfuggire ad ogni confronto con altri personaggi carimastici dentro e fuori la serie. Il suo turpiloquio insistito, la convinzione che la società debba funzionare con il mutuo aiuto di tutti, ma al contempo sotto il suo arbitrio psicopatico, lo rende una macchietta solo al primo sguardo. Poi a ben pensarci il suo modello è quello di tanti dittatorelli sanguinari che abbiamo visto prosperare negli ultimi due secoli specie nei paesi "giovani" di Africa e Asia.
La tensione creata è altissima, Negan non è un avversario che basta eliminare, va battuto su tutta la linea. Non ci si ferma al confronto morale buoni/cattivi, ma qui si gioca sul piano etico:democrazia contro autocrazia. E la conclusione, forse non riuscitissima, cerca di non ridurre tutto ad un duello da western.

Il risultato è talmente accattivante che negli otto numeri successivi sembra non succedere nulla, è la prima vera crisi di crescita dopo dodici anni di climax ininterrotto, di colpo appare riduttivo tornare a concentrarsi sulle vicende di Rick, ormai affermato e acciaccato leader, e suo figlio.
Ma Kirkman sembra già avere in mente una svolta imprevista

lunedì 30 marzo 2015

Chi sa....sa (di periferie e di mammut)

Leggo sull'Ansa e immagino che questo avrà delle conseguenze su un certo blog


ANSA/ A Roma nasce Museo Pleistocene, "periferie nuovi centri" Tre musei Comune aperti 7 giorni su 7. Garanzie su Estate Romana (ANSA) - ROMA, 30 MAR - Si parte da una zanna d'elefante, rinvenuta nel 1981 durante alcuni lavori nella zona di Rebibbia, e si arriva all'apertura di uno spazio espositivo e didattico dedicato al Pleistocene. Questa la storia del nuovo museo di Casal dè Pazzi inaugurato oggi nella periferia romana. Ad 'aprire' simbolicamente lo spazio è stato il sindaco Ignazio Marino che, insieme all'assessore alla Cultura Giovanna Marinelli, ha annunciato un altra novità: da oggi Musei Capitolini, Ara Pacis e Mercati di Traiano saranno aperti sette giorni su sette, senza chiudere il lunedì.
Il ritrovamento della zanna diede il via ad un'indagine archeologica su un'area di oltre 1.200 metri quadrati che portò alla luce il tratto di un antico alveo fluviale. Oltre 2000 i fossili animali scoperti: il sito risale a circa 200.000 anni fa. "Si tratta del secondo museo scientifico che si aggiunge a quello di zoologia - ha spiega Marinelli -. I piccoli musei gratuiti da sette diventano otto, spazi che ci stanno dando molte soddisfazioni". "Roma è tutta Roma. Per noi le periferie devono diventare nuove centralità e quindi avere un museo così importante dedicato al Pleistocene in un'area come Casal dè Pazzi è un momento e un punto di orgoglio", il commento del primo cittadino.


P.s. per i non romani (e anche per quelli di Roma nord non tanto pratici): Casal dei Pazzi è zona Rebibbia

giovedì 19 marzo 2015

Je suis Albuquerque


Se qualcuno viene accusato di aver "urtato la sensibilità" di una categoria indistinta di persone io automaticamente parteggio per l'urtatore, specie in quest'epoca in cui un poveretto con un account Twitter o Facebook diventa immediatamente bersaglio di una folla anonima di Troll e paladini del politicamente corretto. In queste situazioni non esiste dibattito, solo linciaggio.
A questo aggiungi la mia convinzione personale che un artista di fumetti deve poter dire sempre quello che vuole con il suo lavoro, perchè il suo lavoro ha un senso solo se va sul personale, altrimenti fa l'illustratore pubblicitario.
A questo aggiungi che l'editore per questioni di tornaconto ti molla al primo refolo di vento
A questo aggiungi che la copertina di Albuquerque mi piace ed un omaggio a un fumetto che vale sempre la pena ricordare.


C'è un però. Ho provato ad immaginare la scena in cui attorno ad un tavolo un gruppo di persone racconta il suo momento preferito di Batgirl, magari al pub, con il tasso alcolico sull'allegro andante e la battuta sullo stupido spinto. Poi arriva Albuquerque e dice: "Io quando penso a Batgirl, mi viene in mente Joker in Killing joke che le spara la denuda e poi le fa delle foto". Come minimo raffredderebbe l'atmosfera. Una parata di variant cover su joker che deve finere su una serie tardo adolescenziale come Batgirl è l'equivalente della birrata con amici.
In un mondo normale l'uscita fuori contesto di Rafael si sarebbe meritata una pacca sulle spalle e la richiesta di "farsi vedere da uno bravo". Oppure avremmo potuto avviare un dibattito sul fatto sul Joker diventa credibile solo quando è davvero un pericoloso pazzo criminale (vedi Heath Ledger)
o come in quella scena Alan Moore abbia ottenuto un risultato visto solo in Watchmen, cioé trasformare i supereroi in esseri umani in calzamaglia che fanno cose pericolossisime e stupide.
Come sapete è andata diversamente, per colpa del solito "circo mediatico"  

Succede sempre più spesso, segno dell'interesse esterno verso il mondo fumetto. Ora che Batman, Superman e tutti gli altri sono delle property da miliardi di dollari potenziali, nessun editor darà più a un nuovo Alan Moore il permesso di usare Batman per le sue "decostruzioni".
Ma cosa succede se il politically correct, le analisi di mercato, la paura di una cattiva stampa diventano predominanti?

La risposta è "Il nuovo costume di Wonder woman"
 E la soluzione non è una via di mezzo tra le due scelte "artistiche"

martedì 17 marzo 2015

L'eredità di Pratchett

Terry Pratchett era un grande scrittore di un genere erroneamente considerato minore. Non solo il fantasy (ormai sdoganato a suon di successi commerciali e trasposizioni cine-televisive) ma un fantasy ironico che si diverte a parodiare se stesso e la nostra realtà.
Era un grande scrittore nel senso più pieno nel termine. Dotato di uno stile preciso e al tempo stesso leggero, scorrevole e del tutto unico. Pratchett è accessibile a chiunque tra i 10 e i 90 anni. Scrivere è un po’ come guidare, tutti, dal vecchietto al pilota professionista fanno gli stessi movimenti per affrontare una curva: freno-frizione-scalo marcia- giro il volante- accelerazione e così via. Pratchett aveva ritmi da Formula Uno e non prendeva mai scorciatoie

Ci ha lasciato a 66 anni, di solito si dice “troppo presto”, ma in questo caso bisogna dire “nel momento sbagliato”. Perché in un'avventura del mondo disco o qualsiasi altro lavoro c’erano delle costanti: derideva l’autorità, specie se si schermava dietro la legittimazione di una verità costituita; raccontava quanto sia vuota una religione se diventa solo un’insieme di regole, prendeva in giro la credulità e la cattiveria che si cela dietro l’ignoranza della “folla”, la meschinità dei leader che pensano al proprio tornaconto, ma magnificava anche le comuni debolezza degli eroi, spesso al centro della scena molto per caso

La capacità di Pratchett era di raccontare ad un ragazzino quanto fosse importante pensare con la propria testa e di non accettare mai giudizi preconfenzionati o “tradizionali”. Ti consigliava di filtrare tutto con buon senso e un pizzico di scetticismo scientifico, insomma era un antidoto ad un mondo che diventa ogni giorno più fanatico

E non parlo solo di bandiere nere in Medioriente o comizianti nostrani che promettono di difendere “identità e radici” contro i barbari alle porte. Nella bolla virtuale dei nostri social (o blog sui fumetti ^__^) ci autoconvinciamo dell’infallibilità dei nostri giudizi e ci sentiamo oltraggiati da chi non lo riconosce o semplicemente ci ignora

Il vento spira in direzione esattamente contraria al suo umanesimo che non ammetteva discriminazioni, etichette e “verità rivelate”. Un vento a cui lui avrebbe opposto la sua vela d’ironia, mostrandoci quante cose meravigliose sa realizzare chi ha il coraggio di tenere il cervello acceso.

Continueremo a leggerti e rileggerti, ma ci mancherai lo stesso

venerdì 13 marzo 2015

Letture febbraio. Seconda parte

Superguai in famiglia
Superman earth one vol 1 dc comics

Non è semplice scrivere belle storie di Superman, anche i grandissimi fanno fatica a creare la giusta tensione quando al centro della scena c'é un personaggio potenzialmente onnipotente, risolto moralmente e con pochissimi nemici all'altezza. Ripartire da zero, come accetta di fare Straczynzski,  è un'ulteriore difficoltà specie se non ci si lancia in pesanti rivisitazioni e versioni alternative. Qui il miracolo lo fa l'amore per il personaggio che è profondo è ha radici antiche e personalissime come ha ammesso lo sceneggiatore in occasione del terzo volume. Non a caso questo primo arco narrativo lo mette a confronto con il lato oscuro della sua famiglia kriptoniana, che minaccia la speranza e l'aspettativa di un nuovo inizio rappresentata dalla Terra, da Metropolis e dal Daily Bugle.
E poi, notazione tutta personale, vedere Clark Kent arrivare in città, eccellere in ogni colloquio di lavoro e poi scegliere di diventare giornalista, semplicemente mi riscalda il cuore.

Cotto e mangiato
Chew vol 2

Se Saga e The walking dead monolizzano premi e classifiche di vendite, il terzo gradino del podio tra i titoli Image va senza dubbio a Chew, un fumetto che ha trasformato un'idea bizzarra, buona si  e no per una miniserie, in un originalissimo e coerente universo. Steve Chew è un “cibomante”, uno in grado di avere percezioni extrasensoriali, flashback e visioni legate a ciò che mangia. Usa questo potere per combattere il crimine e facendolo è costretto ad assaggiare cose realmente disgustose (sangue e merda, per essere molto pulp, sono già nella lista). Il cibo non è solo l'occasione per creare situazioni tipo “CSI andato a male”, ma è il perno su cui ruota un mondo più vasto e contorto pieno di complotti. Cosa è successo ai polli estinti e per questo diventati merce rarissima e prelibata? Perché i vampiri rapiscono i cuochi? Chew riuscirà a trovare una donna? E il governo tira le fila o combatte i cattivi?
E dopo un po' di pagine scopri che le vicende bislacche di Chew sono uno specchio - appena, appena deformato - di un mondo in cui i cuochi in Tv sono ormai più numerosi delle veline.

Piano (Bobby) Solo
Alan Ford 6

Nel mio appuntamento mensile con Alan Ford da segnalare il primo episodio, in cui Bunker e Magnus prendono in giro il clima golpista dell'epoca, in cui la paura dei colpi di Stato era concreta e palpabile (con il senno di poi, tra Gladio, organizzazioni terroristiche di sinistra e di destra, di gente al lavoro per prendere il potere ce n'era parecchia). La trovata di ridicolizzare queste “ombre nere” trasformandole in un gruppo di vecchietti nostalgici della guerra (civile americana) è al tempo stesso divertente e caustica, come la grande satira dovrebbe sempre essere.

Moore prima e dopo la cura
 
Miracleman 1-2-3-4-5-6-7-8-9-10 (omnibus)
League of extradonary gentlemens Rose di Berlino (Bao)

Solo 4-5 anni fa leggere Miracleman (ex Marvelman) era come mettere le mani sul Necronomicon, un oscuro fumetto inglese che tutti conoscevano, ma che pochi avevano sfogliato e in cui un giovane Alan Moore aveva già mostrato tutte le formule necessarie ad un fumetto di supereroi “adulto e rivoluzionario”. Il tutto appena prima - e secondo molti meglio – di Watchmen e V for vendetta. Il divieto di ristampa imposto dalla Marvel e le vicissitudini delle case editrici che si erano avvicinate a Miracleman alimentavano la leggenda raccontata nei dettagli  da esperti e appassionati
I numeri originali sul mercato dei collezionisti costavano centinaia di dollari l'uno e così sottoscritto comprò a suo tempo un'edizione italiana di certo non autorizzata per un prezzo non indifferente (editore omnibus).
La riedizione Marvel (in italiano da Panini e inglese) mi ha spinto a recuperare quei due volumi dalla libreria, anche se la traduzione in alcuni tratti mostra tutta la sua "artigianalità".
Miracleman è effettivamente 20 anni avanti. O meglio, tutti i lavori più apprezzati dei vent'anni successivi hanno imboccato la stessa direzione di Alan Moore. C'è l'idea dell'eroe -stereotipo, icona irragiungibile, ma la tempo stesso disinterressata alle vicente umane (tipo DR.Manhattan), l'inquientante interrogativo del perché l'idea di un superuomo ci affascini tanto (forza, immotalità) e persino la critica l'ingenuo riflesso che ci fa sentire rassicurati dalla consapevolezza che armi umane del genere potrebbero essere in circolazione.
Moore ha analizzato, dissezionato celebrato e criticato tutta l'epopea superomistica tra l'82 e l'85. Direi che questo spiega perché ha quell'atteggiamento un po' di superiorità e disprezzo verso l'industria dei comics.
Anche se qualcosa dell'antico fuoco è rimasto, come dimostrano questi libretti su Loeg che quasi una volta l'anno il mago ci regala. Trame "normali" ma con l'evidente divertimento di creare sempre nuovi mondi, giocare con le citazioni letterarie, scrivere un dialogo illuminante e godersi i disegni spigolosissimi di O'Neill

Enter Negan
The walking dead 102-105 Image

Dopo lo shock per la morte del numero 100 del secondo personaggio più longevo dopo Rick, Kirkman ci regala il cattivo definitivo: Negan già nel cuore dei fan per il suo turpiloquio creativo (Un intero periodo coniugando 13  F+ck in un solo baloon e nessun altra parola) e le scelte sempre spiazzanti e violentissime. Visto che a marzo leggerò e vi racconterò della fine del nostro eroe rimando alla recensione del prossimo mese. Per chi non legge il fumetto in originale vi segnalo la particolarità della colonna delle lettere, spesso chiamata da Kirkman Hatebag, dove i lettori lo insultano per aver ucciso i loro beniamini, lo accusano di aver perso interesse e idee. Lui e l'editor rispondono per le rime, il risultato è esilarante.






lunedì 9 marzo 2015

Letture di febbraio - prima parte

Mese dal menu pesante, ma di livello altissimo: Alan Moore, Moebius , Oesterheld, Straczynski. A questi livelli si disimpegnano bene le due graphic novel inglesi della Bao, mentre qualcuno ci fa brutta figura come Bendis e Recchioni.

Robba buona
Nao di brown Glyn Dillon Bao
La gigantesca barba malvagia Stephen Collins Bao

Due graphic novel inglesi diversissime ed entrambe notevolissime. Nao di brown è stata concepita, scritta, disegnata e cesellata da Glyn Dillon ratello di Steve “the preacher” Dillon. Una storia molto “personale” senza essere autoreferenziale. Nao è una ragazza nippo inglese un po' disturbata che cerca nel buddismo e in uomini molto più grandi di lei le stampelle a cui appoggiarsi. Finirà “quasi” bene per lei e ottimamente per noi lettori a cui Dillon regala delle tavole di una bellezza e di una cura VERAMENTE fuori dal comune. Unico appunto la copertina, forse il disegno peggiore e meno suggestivo dell'intero volume. Non proprio il modo migliore per invogliare il lettore casuale all'acquisto, specie considerando che il successo di opere del genere si decide nelle librerie “normali”

La gigantesca barba malvagia di Stephen Collins è una storia più vista e lineare, il classico granello (in questo caso un pelo) che distrugge un sistema talmente perfetto da essere opprimente. Un eroe molto per caso che sacrificandosi libera un'intera società. Lo stile è a metà tra il surrealismo di primo novecento e l'animazione dell'est europa degli anni 50, l'uso della tavola però è molto originale e a tratti ipnotico. Metterli insieme è il miglior spot all'infinite potenzialità del media fumetto: quello che Dillon ottiene con le sfumature dei sui acquerelli, Collins lo raggiunge con una semplice matita nera a carboncino.

Robba buonissima
Absolute moebius  Panini

CInque volumi da sfogliare più che da leggere storie brevissime se non esistenti. la fantasia più sfrenata è l'unico ingrediente oltre ad una capacità tecnica di un pilastro del fumetto mondiale. Seppur nella loro brevità e tavole che spesso non vanno oltre il puro divertissement, si trovano personaggi diventati famosi come Arzach o il mitico “Fallico folle”.

Super Crossover
Unwritten 36-54 vertigo Dc comics
Fino al numero 49 non è una la parte migliore della saga sulla verità “non scritta” che si cela dentro tutte le storie. La vicenda si trascina un po' visto che il villain è stato affrontato e battuto. Tommy Tailor finisce in giro per gli inferni (cioé le varie versioni dell'aldilà scritte nella letteratura e nei miti) alla ricerca dell'amata Lizzie, ma tutto viene interrotto bruscamente per dar spazio al crossover con Fables (dal 49 appunto). Una versione molto dark (gioco di parole obbligato) della battaglia finale con il signore oscuro, in cui Biancaneve e i suoi cuccioli sono al fianco dei cattivi e Tommy torna il clone di Harry Potter parodiato dei primi numeri della serie
Mentre si avvicina alla conclusione la serie di Carey e Gross mostra tutto il suo nichilismo. La presa di coscienza della propria finitezza, mortalità e insignificanza di fronte all'infinito scorrere dell'universo e del tempo, portano l'uomo sull'orlo della disperazione. Miti, religioni, leggende e favole ci rassicurano, ma vanno ad alimentare anche un mostro, gli autori usano il nome biblico di Leviatano, che alla fine schiavizza l'umanità con le sue infinite regole e falsità nate dalle stesse storie.Tommy doveva essere l'eroe, l'arma in grado di uccidere il leviatano e liberare gli uomini. Ma una volta tornati soli e disperati, chi avrà la voglia considerarla una vittoria?

Triste Sequel
L'eternauta il ritorno 001

Il seguito meno noto e meno riuscito di una delle storie di fantascienza a fumetti più famose di tutti i tempi. Non mi permetto di commentare il lavoro di Oesthereld e Solano, peraltro l'edizione della 001 ha una ricchissima parte redazionale che racconta le vicissitudini dei due autori prima e durante la pubblicazione in Argentina nel 76. Compratelo e leggetelo se volete potervi chiamare in pubblico “appassionati di fumetto”. Sorprende un po' che questo “ritorno” sembri più vecchio del suo predecessore di vent'anni prima, potenza dei classici. Anche con tutti i suoi difetti l'Eternauta il ritorno stravince il confronto con l'80% dei fumetti fantascienza attuali. Di certo i due che seguono

L'impegno non basta
orfani 7-8 -9-10-11-12 Bonelli

Operazione non priva di pregi (i disegni almeno in gran parte dei numeri), ma tutt'altro che storica. La versione da edicola, la prima del tutto a colori per la Bonelli, non impressiona: carta e colori sembrano allo stesso livello delle versioni italiane dei comics di vent'anni fa (la Image adattata dalla Star o la Dc versione Play press per intenderci). L'effetto tanto “ordinario” mi ricorda quando la Fiat dei tempi bui lanciò la Stilo che doveva fare la concorrenza alla Golf. Servì solo a dimostrare che a Torino sapevano fare le utilitarie, ma niente che potesse aspirare al mercato medio-alto. Il confronto con i concorrenti è penalizzante, non è una consolazione che si tratti di materiale originale e tutto italiano, perché quegli stessi disegnatori coinvolti in Orfani come Gianfelice e Carnevale sul mercato americano vengono trattati (in termini di qualità delle produzioni) molto meglio
La trama si “tiene” seppur con qualche lentezza  riscattata da un buon finale, ma i dialoghi sono infarciti da una vagonata di cliché e frasi fatte presi in saldo da una svendita di film d'azione degli anni 80. Penso sia un effetto voluto, visto che Roberto Recchioni ha dimostrato altrove di saper scrivere molto meglio. Voluto, ma non per questo riuscito, anzi i personaggi sono inchiodati da questo stile ad un destino di macchiette prive di profondità psicologica.

Meglio il film
Guardians of the galaxy Marvel
Ho sempre considerato la fantascienza a fumetti americana un gradino sotto a quella manga, e molti  più in basso della letteratura di genere. Non essendo poi un grande Marvel fan non avevo mai visto questi personaggi. L'arrivo del film mi ha convinto a colmare questa lacuna, anche perché mamma marvel ha affidato ad un gruppo di artisti guidati da Bendis il compito di “mettere in pari” un paio di generazioni di lettori distratti. Tranquilli, ci si può godere il film senza curarsi delle puntate precedenti ( e probabilmente successive) della banda di avventurieri spaziali. Anzi la delusione  generata dai fumetti protrebbe rovinarvelo il film.

martedì 17 febbraio 2015

Zerocalcare da Fazio, ma non sarà troppo?

Dopo le copertine di Wired, Internazionale e Venerdì collezionate in un qualche mese, il nostro eroe Zerocalcare strappa 10 minuti nel salotto nazional popolare di Fabio Fazio.
Semplice miracolo un fumettista in prima serata Rai. Il video lo trovate qui 
Dieci minuti non indimenticabili in cui i tempi stretti e un'intervista un po' troppo preparata non hanno fatto l'emergere la simpatia naturale dell'uomo. Speriamo solo che serva a fargli conquistare qualche lettore in più


Immagino che Zc abbia violentato la sua ritrosia e il suo "orgoglio di marginale" per poter parlare di ciò che gli stava davvero a cuore: cioè la situazione a Kobane oggetto del suo primo reportage giornalistico uscito con Internazionale. Nel caso in cui si stesse chiedendo se questa seconda gamba da Comic-Journalist può affiancarsi - e in qualche modo "emendare" - la frivolezza delle sue strisce, noi ci permettiamo di rassicurarlo. Guy Delisle ha già dimostrato che si può essere osservatori curiosi e imparziali di realtà lontani e terribile giudice delle proprie debolezze quotidiane (e l'armadillo fa molto più ridere del papà imperfetto)

Soprattutto perché nelle 40 tavole di Internazionale Zero utilizza bene i meccanismi del reportage a fumetti, evitando il classico errore che fanno tutti i giornalisti alle prime armi in occasione del genere. Mandati per in un teatro importante si sentono autorizzati a dare la propria soluzione a questioni annose e complicate come una guerra o un cambiamento storico. Annacquando in un minestrone di "secondo me" qualunque cosa interessante possano aver davvero visto

Zc ha scritto con umiltà ed equilibrio, anche se ovviamente si capisce cosa e perché lo interessi della vicenda di Kobane, oltre a molta partecipazione emotiva. Peraltro con un effetto "collaterale" imprevisto: sono le tavole disegnate meglio della sua già cospicua produzione, un miglioramento che si vede sugli sfondi e sui primi piani. Se volesse continuare su questa strada, oltre a vincere la pigrizia e l'attrazione gravitazionale che lo tiene a Rebibbia (paragonabile a quella di una nana bianca sul punto di implodere), magari potrebbe andare a cercasi realtà che sfidano di più le sue convinzioni, visto che la curiosità di cercare verità meno scontate a spingere chi fa questa professione.

Poi possiamo aprire il dibattito se è peggio Zero nel circo buonista di Fazio o Gipi nel salotto radical chic della Bignardi. Il prossimo passo è vederli la domenica da Giletti o giudici di qualche talent tipo "Masterpiece".





giovedì 12 febbraio 2015

Letture di gennaio ultima parte

Topi di biblioteca
Unwritten 35-36-37-38 (Dc Comics)

Un tempo si criticava un film dicendo che era un “fumettone”: dialoghi piatti, personaggi caricaturali (i buoni troppo buoni e i cattivi senza speranza), ambientazioni improvvisate e incoerenti. Lasciando da parte il fatto che i fumetti mainstream, almeno quelli belli, non sono così dagli anni ’60, Unwritten è comunque la risposta definitiva a questo luogo comune.
Harry Potter, Dickens, Dante, l’intera mitologia classica, Melville, Jack London e naturalmente la Golden age dei fumetti sono la materia prima per un fumetto con un background da corso universitario in semiotica, letteratura o filosofia.
C’è anche tanta azione e qualche difetto tipico della coppia Mike Carey e Peter Gross (come nel Lucifero Vertigo). Fumetti tanto "intellettuali" regalano dei personaggi un po’ troppo freddi, costruiti, difficili da amare. Il gemello Fables è molto più spensierato senza essere meno complesso, ma Unwritten vale il vostro tempo

L'altra apocalisse
Sweeth Tooth 5  (Image-Rw Lion)

Mi accodo buon ultimo al Jeff Lemire fan club, antica scuola canadese che riesce a scrivere comics con leggero distacco, senza credere fino in fondo al “Mito” come succede al 99% degli americani. La serie è apocalittica e il parallelo con The Walking dead è inevitabile, quasi un tentativo della Dc di inseguire il filone aperto dalla Image.
Lemire è più sottile di Robert Kirkman: l’uomo-renna Gus e gli altri personaggi hanno parabole molto personali alla disperata ricerca di una nuova casa dopo l’afflizione che ha spazzato via il nostro presente. In the Walking dead Rick e compagnia sembrano sempre una metafora della “società umana” che tenta di ricostruirsi, di solito fallendo

No good lads

The Boys tpb. 11-12 (Dynamite)
Garth Ennis è un maestro in molte cose, ma non nei finali e gli ultimi due paperback di the Boys lo confermano. La serie ha smesso di stupire dopo Herogasm e le parodie alla lunga stancano. Come sanno anche i muri il vecchio Garth odia gli eroi e superodia i supereroi, lo certifica pilotando il suoi ragazzi verso una truculentissima deflagrazione. La vera notizia è che dopo 72 numeri (di cui almeno una decina di troppo) Ennis si commuova e ci grazi con la cosa più vicina ad un lieto fine che la sua mente possa congegnare.
Piccola notazione personale: leggerlo in lingua originale è stato puro masochismo, i dialoghi sono la trascrizione fonetica della parlata scozzese.


Die Orcs!
Kodt 208-209-210-211-212 (kenzer co)
Attenzione!!! Roba da veri nerd. Knights of Dinner Table è una strip iniziata vent’anni fa da tal Jolly Blackburn su cinque ragazzi (sempre meno ragazzi ormai) che ogni settimana si riuniscono per giocare ad un gioco di ruolo fantasy chiamato Hackmaster. I disegni sono “fatti con il computer” nel senso che Jolly, incapace di disegnare per sua stessa ammissione, ha scannerizzato un po’ di ambienti ed espressioni dei personaggi e li ripropone a seconda dell’occasione cambiando i baloon. Abbastanza a sorpresa non solo Kodt esce regolarmente ogni mese da due decenni con una rivista tutta sua piena di rubriche sui giochi di ruolo, ma ha anche dato vita ad una casa editrice del settore molto fiorente. Hackmaster da parodia di D&D è diventato un sistema reale e anche discretamente giocato. I personaggi della strip ormai superano i 50 e il seguito dei fan è abbastanza ampio e fedele da aver finanziato una webserie su Kickstarter. 
Si ride solo se si è veramente dei gamers di qualche generazione fa, altrimenti vi sembrerà tutto incomprensibile. Per un assaggio andate qui

La delusione
L’intervista -Manuele Fior (Bao)

Lo stile rarefatto di Fior qui sfiora l’inconsistenza, evidentemente 5000 Km al secondo era più meditato, covato il giusto tempo nell’animo dell’artista. Quando si opera in sottrazione, cercando di rendere l’atmosfera, l’essenza di un sentimento bisogna padroneggiare la sceneggiatura e i propri mezzi espressivi molto meglio di quando Fior non faccia in questa graphic novel. Il risultato è una fantascienza che non si capisce a cosa serva nella logica degli eventi raccontati (distrarre da un andamento piatto?), messa lì a “decorare” una serie di eventi che non hanno nessun legame con il finale (l’intervista del titolo) e in cui operano personaggi talmente ermetici da risultare incomprensibili.
L’obiezione ovvia è che da lettore non sia riuscito a trovare la sintonia con Fior. Possibilissimo visto il suo stile, ma direi che in questi casi la responsabilità è più dell’autore che dovrebbe proprio riuscire a comunicare con un pubblico più ampio possibile. Direi che portare oltre questa riflessione molto in là nella fantastica terra delle seghe mentali
 

lunedì 9 febbraio 2015

Letture di gennaio prima parte

Piccola premessa. Il proponimento del 2015 è quello di leggere ogni giorno una cinquantina di pagine di fumetti, meglio se si riesce a chiudere l'esperienza di un volumetto o un paio di comic book. A gennaio ce l'ho fatta, già a febbraio sono un po' in ritardo. La scelta dei fumetti è assolutamente random, qui non metterò delle vere e proprie recensioni, ma solo abbozzi nati durante la lettura. Visto che si sarà soprattutto roba vecchia si può parlare di "retrorecensioni"  

Bei tempi-Hellblazer

12-13-14 37-38-39 (vERTIGO before Lion)

Ho recuperato un po’ di episodi brevi e veri e propri fill in mai finiti nei paperback .
Sarà l’effetto nostalgia (ogni vignetta gronda anni 90!), ma mi sono piaciuti tantissimo. Il breve respiro delle trame fa emergere il personaggio nei suoi tratti tipici, le contraddizioni, il cinismo, lo sguardo dissacrante verso la magia e il soprannaturale e parecchi spunti sulle attualità di allora (le armi, le guerre dimenticate in Africa e Mediorientale). Constantine è stato per me uno specchio: il fratello maggiore nichilista da cui imparare come reagire alla scoperta di quanto in basso possono arrivare le persone. Impermeabile, Gauloises, risposte taglienti e qualche momento privato per autocommiserarsi. Ho rubato a John almeno due dei suoi quattro imperforabili scudi contro l'orrore.  
Mi mancano al massimo una decina di episodi mai letti sui 300 numeri di quella che è stata la testata più innovativa di quel periodo, la Harvard di un certo tipo di fumetto. Ogni volta che ne leggo uno provo quella sensazione dolceamara di chi scarta uno degli ultimi cioccolatino della scatola

In questi albi anche la conclusione della sfortunata gestione di Warren Ellis, chiusa in malo modo con la Vertigo (e con tutta la Dc) per aver bloccato la pubblicazione di Shoot, una storia che raccontava di un eccidio di una scuola in via di pubblicazione poco dopo il massacro di Columbine. A leggerla adesso è ancora una riflessione forte e originale di quel fenomeno (bellissima l’ultima vignetta), che dopo Columbine ha avuto molte repliche e quasi nessuna vera spiegazione o contromisura  



Peraltro Ellis è un profeta di sventura mica da poco, visto che nel 2001 il suo Autorithy si chiudeva con un bella veduta delle twin towers


Japan as usual

Silver Spoon 8- Detective Conan 48- Yukito 5- Yawara 9-  La crociata degli Innocenti 1-2-3- Eden 9- One Piece 71

Silver Spoon è il fumetto che più mi è piaciuto nel 2014, ora è un po’ appesantito, ma si fa ricordare con piacere (forse l’adattamento anime ha qualcosa in più).
One piece e Detective Conan ormai li leggo per pura inerzia anche se la creatività di Oda è impressionante nella sua testa c’è un universo infinito e con uno stile grafico senza paragoni, ha ridefinito il canone shonen e l’immaginario pop del ventunesimo secolo gli deve qualcosa 

Eden è un signor manga cyberpunk, ma condivide con il“padre” Ghost in the shell e tutte le grandi saghe del genere la difficoltà di regalare un senso di conclusione soddisfacente al lettore. Quando per migliaia di pagine si racconta di società complesse, disumanizzate e senza scopo, in cui i personaggi, anche i principali, sono pedine di un ingranaggio troppo grande, la narrazione stessa si frammenta in storie di comprimari che prendono il centro della scena e protagonista. Endo ha molte cose da dire e se la cava, ma della famiglia Ballard non sentiremo la mancanza

La crociata degli innocenti è arrivato nel mucchio praticamente per caso, un disegno dalla qualità incerta e una sceneggiatura che ricorda una discesa in bicicletta senza freni, sembra sempre sul punto di spaccarsi in mille pezzi ad ogni curva e sprofondare in un baratro di ridicolo, ma miracolosamente resta in piedi. E se diventa ridicolo magari migliora
 

Japan special
Verso una nobile morte e La vetta degli Dei 5

Verso una nobile morte racconta verità persino ovvie agli occhi di chi ha vissuto le atrocità della guerra. Prezioso nell’insegnarle anche a tutti noi più fortunati e, per questo, più stupidi. Non è un capolavoro, non è sofisticato e persino un po’ datato, ma indispensabile come l’acqua

Alpinismo e manga. Un binomio molto di moda (the climber, gaku, Ascension in francese), a pensarci è quasi ovvio: la forza visuale dei paesaggi, più le tematiche della sfida alla natura, ai propri limiti. Più tante storie già scritte di rivalità e grandissime amicizie sul filo della morte. A togliere gli ultimi dubbi ci pensa Taniguchi che mette a disposizione il suo “super-realismo” per adattare un romanzo molto giapponese. Personaggi intagliati nella roccia: samurai con una missione da portare a termine per realizzare se stessi, per onorare una passione, per ripagare un debito di amicizia. Non si ride neanche per sbaglio, si scalano vette e “principi etici” di purissimo granito.

Italiano medio
Alan Ford 5 Julia 191-192-193-194

La saga di Superciuk è quella che fece decollare il mito di Alan Ford (lo dice Max Bunker, io allora non ero ancora nato), ed in effetti, in una serie che sente il peso del tempo questo volume è veramente esilarante. C’è anche un insegnamento per i “nuovi poveri” di adesso: andatevi a vedere con quale leggerezza si riusciva a ridere della miseria negli anni '70, forse perché allora non era un stigma di sconfitta o la scusa per scaricare la propria rabbia su qualcun altro (i politici, gli immigrati, l’euro). Era più “mal comune mezzo gaudio” come il gruppo Tnt dimostra.  

Julia mi annoiava, ma non avevo il coraggio di ammetterlo nemmeno di fronte al mucchio di arretrati che “non trovavo” mai il tempo di leggerlo. Questa striscia invece è sopra la media: episodi autoconclusi simili ad un telefilm con storie coerenti e non troppo scontate. Mi sembra che Berardi e il suo team rendano meglio quando semplicemente "si dimenticano" dell'evoluzione dei personaggi e si concentrano sul plot, sui criminali e gli altri comprimari della storia mensile. Julia, Webb, Baxter e tutti gli altri saranno sempre gli stessi, noi lettori lo abbiamo capito e accettato, cerchiamo di andare avanti


Superautori
Una trilogia inglese- David Boring
(questa è la retrorecensione del mese: ho finito di leggere nel 2015 una collana di graphic novel uscita con l'Espresso nel 2006)
La ligne claire.... Potresti guardare una tavola per ore, chiudere il libro riaprire alla stessa tavola e scoprire qualcosa di nuovo. Floch è una gioia per gli occhi, ma i belgi riesco a digerirli a piccole dosi: un paio di Tintin l’anno per goderseli davvero ( magari rileggersi a distanza di tempo)

Ho adorato Ghost world, poi ho pensanto per anni che David Clowes avrebbe potuto fare di meglio. La verità è che lui aveva scritto David Boring e io l’avevo colpevolmente mancato. È arte nel senso migliore del termine: originale, provocatorio, inimitabile, ma al tempo stesso restituisce un particolare stato d’animo di quel periodo, rendendolo così irripetibile. L'avessi letto allora mi sarei accorto che era finito un decennio (il decennio della mia giovinezza). Leggendolo adesso ho scoperto che qualcuno lo ha raccontato come meritava
 

lunedì 12 gennaio 2015

Contro ogni nobile morte

Non esistono formule, slogan, analisi in grado di razionalizzare la strage di 19 persone avvenuta in Francia. Le pattuglie sotto la mia redazione mi ricordano più di ogni altra cosa quanto le nostre "libertà" siano fragili di fronte al fanatismo e alla follia altrui ( figlia della disperazione e della rabbia umane, senza scomodare gli Assoluti e le chiamate divine).
 Charb, Wolinski e tutti gli altri erano "in prima linea" a rivendicare il diritto allo sberleffo, alla critica ad ogni forma di potere costituito, specie se ammantato da sacralità che serve soprattutto a dare l'immunità agli uomini che di vestono del mandato divino. Quindi il problema non era se facessero bella o brutta satira, se si siano disegnati incoscientemente o volontariamente un bersaglio addosso. Quei colleghi morti e feriti nella redazione di Charlie Hebdo era gente molto simile a me per tipo di vita, valori e questo rende la loro vicenda ancora più spaventosa ai miei occhi.
Ma mi chiedo: ne valeva la pena? Esiste una determinante differenza tra chi è disposto a dare la vita per qualcosa in cui crede e chi vuole farlo a tutti costi (di certo vale per gli attentantori).E' da questo che si misura la qualità morale di una persona?



La risposta l'ho letta in un manga di 40 anni fa: "Verso una nobile morte" di Shigero Mizuki, da noi più famoso per Kitaro e Nonnonba. Uscito nei primi anni 70 in Giappone e pubblicato da Lizard un paio di anni fa in italiano. Mizuki racconta la sua esperienza di soldato in una sperduta isola del Pacifico nel 43. I generali dell'esercito giapponese hanno forse già capito di non poter vincere contro gli Stati Uniti e per questo trasformano la guerra in qualcosa di ancor più folle. Senza mezzi e senza speranza di vittoria, la sopravvivenza diventa il male peggiore. Gli ufficiali cercano una morte onorevole o un suicidio rituale che li mondi dalla sconfitta. I soldati, oltre che combattere contro fame, malattia e bombe, devono sottostare ad un regime privo di qualsiasi buon senso.

Si tratta di una satira della guerra non attraverso la parodia, ma illustrandone con fatti reali la totale irrazionalità. Il sistema di regole, valori e propaganda proprio di "uno stato di guerra" in teoria sarebbe un male necessario a ottenere il bene comune della vittoria, ma in realtà è solo una giustificazione posticcia per compiere soprusi, colpire innocenti e convincere delle persone normali a sacrificare la propria vita o compiere azioni disumane.
Alla fine è chiaro che non esistono nobili morti, nessuna carica suicida, nessun gesto eroico, nessun seppuku cambia che in guerra ci sono quasi solo vittime mentre i carnefici sono una minoranza, l'unica che sceglie volontariamente di imbracciare le armi.
Il modo in cui si muore non migliora il modo in cui siamo vissuti



Leggendo penso a tutti quelli - anche tra i "moderati"- che ammettono con leggerezza "siamo in guerra". Ci stanno dicendo di prepararci a rinunciare alla libertà, ai diritti e persino alla nostra vita. Sarà colpa del nemico sanguinario e malvagio, non di chi ci darà gli ordini in nome di Dio, del patriottismo o dei nostri valori. I macellai diventeranno eroi, i disperati diventeranno martiri, i fanatici saranno leader. Ecco, io combatto contro l'inevitabilità della guerra.